venerdì 9 marzo 2018

Nuove sentenze sulla VIA ex post.I casi Italiana coke, CostaMauro, ex cava Fornace,LaminaM,Volpara,Matera


La Corte di Giustizia (sentenza 28 febbraio 2018 causa C117-017 vedi QUIe  il TAR Toscana (sentenza n. 156 pubblicata lo scorso 30 gennaio 2018 vedi QUI)  ritornano sulla Valutazione di Impatto Ambientale  ex post affermando principi generali (al di la del caso concreto giudicato) che confermano i caratteri di fondo della VIA postuma, val a dire la applicazione della VIA successivamente alla realizzazione di un impianto e/o progetto che non ha avuto la VIA quando è stato autorizzato inizialmente.

Sulla VIA ex post si era già pronunciata sia la giurisprudenza comunitaria nonché la Corte Costituzionale vedi QUI. Ora arrivano due nuove sentenze che confermano ormai un indirizzo giurisprudenziale univoco della giurisprudenza comunitaria e nazionale.  



LA CORTE DI GIUSTIZIA, nella nuova sentenza del 28 febbraio 2018, partendo dal caso di un impianto a biomasse ha ribadito i seguenti principi fondanti di una corretta applicazione della VIA ex post che non violi il diritto comunitario ed in particolare la Direttiva 2011/92, se l’impianto o progetto non hanno avuto la VIA al momento della loro prima autorizzazione ed invece avrebbero dovuto averla. Vediamo i principi:
1. in caso di omissione di una VIA prescritta dal diritto dell’Unione, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di detta omissione
2. non osta a che tale impianto/progetto formi oggetto, dopo la sua realizzazione … “, di una nuova procedura di valutazione da parte delle autorità competenti al fine di verificare la conformità ai requisiti di tale direttiva e, eventualmente, di sottoporlo a VIA, purché le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di esimersi dall’applicarle.”
3. “Occorre altresì tenere conto dell’impatto ambientale intervenuto a partire dalla realizzazione del progetto.
4. Le autorità nazionali chiamate a pronunciarsi in tale contesto devono altresì tenere conto dell’impatto ambientale generato dall’impianto a partire dalla realizzazione dei lavori”.

La ratio di questi principi è quella di evitare che la VIA venga evasa ulteriormente magari in sede di nuove autorizzazioni e che una volta applicata la VIA ex post (fino ad allora la mancante) questa rispetti le finalità della Direttiva comunitaria sula VIA secondo la quale:
1. La VIA deve valutare  preventivamente l’impatto ambientale di un progetto
2. Per valutare l’impatto ambientale del progetto occorre considerare tutti i criteri per misurare tale impatto a cominciare da quello della localizzazione.

In sostanza la VIA applicata postuma non può limitarsi a valutare le modifiche intervenute in un progetto ma l’impatto dell’intero progetto fin da quando venne realizzato.
Solo così si colma si sana la violazione della mancata VIA iniziale.
Solo così si capisce se l’impianto e il progetto sono stati collocati in un sito adeguato e sostenibile ambientalmente e sotto il profilo sanitario.
Solo così si possono prevedere a conclusione della VIA ex post, condotta secondo i suddetti principi, le prescrizioni da applicare all’impianto e al progetto che lo rendano compatibile con il sito oppure che ne avviino la dismissione.



IL TAR TOSCANA nella sua sentenza partendo da un caso di mancata di Valutazione di Incidenza (VINCA) ad un progetto edilizio che impattava su un area tutelata dalla normativa UE sulla biodiversità (SIC)  riafferma i principi della VIA ex post parificando la VINCA ex post con la VIA ex post.
Interessante è l’ulteriore precisazione che porta la sentenza del TAR. Dove si afferma che se la VIA o VINCA ex post dimostrino un rilevante impatto ambientale dell’impianto/progetto si può arrivare anche ad annullare in sede di autotutela la autorizzazione allo stesso. Aggiunge il TAR che questo può avvenire solo se si dimostra l’esistenza di un superiore interesse pubblico (ambientale sanitario) a quello imprenditoriale nel caso specifico. Questo può avvenire (come è avvenuto nel caso trattato dalla sentenza del TAR Toscana qui esaminata) solo svolgendo una corretta e completa istruttoria di VIA/VINCA ex post secondo i principi sopra esaminati.

Ora per fare degli esempi:
possiamo dire che questi principi siano stati applicati all’impianto della Italiana coke di Cairo Montenotte (SV)? (vedi QUI);
possiamo dire che questi principi siano stati applicati all’impianto CostaMauro di Albiano Magra  in provincia di Massa Carrara? (vedi QUI)
possiamo dire che questi principi siano stati applicati all’impianto LaminaM di BorgoValdiTaro in provincia di Parma (vedi QUI);
possiamo dire che questi principi siano stati applicati alla discarica ex cava Fornace in provincia di Massa Carrara? (vedi QUI);
possiamo dire che questi principi siano stati applicati nel caso dell’impianto rifiuti in località Volpara Genova? (vedi QUI).

LA RISPOSTA A QUESTE DOMANDE E' NO!
Tutti i suddetti impianti hanno avuto una VIA molto in ritardo rispetto agli obblighi di legge e in nessun caso, anche quando la VIA è stata avviata, sono stati applicati i principi della VIA ex post,
addirittura nel caso della Italiana Coke gli uffici competenti della Regione Liguria avevano deciso alla fine del 2016 di applicare i principi della VIA ex post per poi grazie ad una decisione della Giunta mai formalizzata  in un atto di non rispettare quanto venne scritto in quella Determina Dirigenziale del 13/10/2016.



DUE DOMANDE
La prima perché le autorità competenti di ben tre Regioni (Emilia Romagna,Liguria, Toscana) non vogliono applicare i principi della VIA ex post ormai recepiti dalla stessa giurisprudenza amministrativa nazionale di primo grado come visto sopra?
La seconda perché quando c’è stato contenzioso come nel caso dell’impianto CostaMauro anche gli opponenti all’impianto non hanno utilizzato nei loro atti processuali i vizi della mancata applicazione della VIA ex post per non parlare dell’AIA?







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