lunedì 7 agosto 2017

Industrie Seveso ampliare ambito di applicazione alle condotte: lo dice la UE!

Il caso dello sversamento di petrolio dai depositi IPLOM del Fegino a Genova ha riproposto da tempo la questione della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti per tutte quelle strutture che sono complementari agli impianti assoggettati alla normativa Seveso (controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose).
Le istituzioni competenti (Comune e Città Metropolitana di Genova, Regione e organi tecnici di controllo) si sono limitati ad una interpretazione  formalistica della legge nazionale che ha recepito la Direttiva Seveso III secondo la quale la stessa non si applica: “d) al trasporto di sostanze pericolose  in  condotte,  comprese  le stazioni di pompaggio al di  fuori  degli  stabilimenti  soggetti  al presente decreto;”. In questo modo le conduttore che trasportano idrocarburi  come quelle del deposito Iplom del Fegino restano fuori dai controlli rigorosi della normativa Seveso.

Ma come stanno davvero le cose sul punto? Può essere sufficiente, anche in termini giuridici oltreché tecnici una interpretazione da “ponzio pilato” come quella sopra riportata?

Insieme con il Comitato dei cittadini che da anni si occupa delle problematiche ambientali sanitarie dell’impianto Implom del Fegino abbiamo da tempo (compresi gli atti inviati alla Procura delle Repubblica ma anche quelli inviati alle istituzioni competententi Città metrolitana e Regione in primo luogo ma con interrogazioni parlamentari) posto la questione di una interpretazione estensiva delle normativa Seveso alle conduttore che partono e/o arrivano ad impianti come quello Iplom senza avere risposte chiare esauriente.

Eppure le possibilità anche dentro il quadro normativo vigente nonché della giurisprudenza e degli indirizzi operativi degli organi di controlli, di detta interpretazione estensiva esistono. Ma ora finalmente in un documento ufficiale della UE la questione può prendere un indirizzo diverso e anche la stessa normativa può essere riletta in modo diverso come spiego in questo post... 
 

LA NORMATIVA, LA GIURISPRUDENZA, LE LINEE GUIDA SUL CONTROLLO DEGLI IMPIANTI SEVESO CHE DIMOSTRANO LA NECESSITÀ DI UNA INTERPRETAZIONE ESTENSIVA DELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SEVESO

Le definizioni ai sensi della normativa Seveso che permetterebbero una interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione della stessa
Secondo la lettera a) comma 1 articolo 3 dl DLgs 105/2015 è stabilimento ai sensi della disciplina Seveso: “tutta  l'area  sottoposta  al  controllo  di  un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse;”. 
Quindi anche le infrastrutture connesse all’impianto, come ad esempio gli oleodotti al servizio di depositi e raffinerie,  possono essere, secondo una interpretazione letterale della norma, soggette alla normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante compreso il piano e programma ispezioni.
Si veda anche le definizione di:
1. impianto ai sensi della lettera h) comma 1 articolo 3 del DLgs 105/2015: “h) «impianto»: un'unita' tecnica all'interno di uno stabilimento  e che si trovi fuori terra o a  livello  sotterraneo,  nel  quale  sono prodotte,  utilizzate,  maneggiate  o   immagazzinate   le   sostanze pericolose; esso comprende tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari,  gli  utensili,  le  diramazioni  ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono  l'impianto,  i  moli,  i magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto;"  
2. di incidente rilevante ai sensi della lettera o) comma 1 articolo 3 del DLgs 105/2015:  “incidente rilevante: un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto  a  sviluppi  incontrollati che si verifichino durante l'attività di uno  stabilimento  soggetto al presente decreto e che dia luogo a un pericolo grave, immediato  o differito,  per  la  salute  umana  o   l'ambiente,   all'interno   o all'esterno dello stabilimento, e in  cui  intervengano  una  o  più sostanze pericolose;

Non solo ma come si ricava dall’allegato 2 al DLgs 105/2015 nel Rapporto di Sicurezza devono essere identificati “gli impianti e altre attività dello stabilimento che potrebbero presentare un pericolo di incidente rilevante come pure  sulla base delle informazioni disponibili, identificazione degli stabilimenti  adiacenti,  nonché  di  siti  di  attività  che   non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto e di aree, insediamenti e progetti urbanistici che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di incidenti rilevanti  e  di effetti domino;


La giurisprudenza che riconosce una interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione della stessa
Secondo la interpretazione del Consiglio di Stato al di la della formale applicazione della normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante occorre analizzare nel merito e quindi nel caso singolo la possibile area di impatto del potenziale incidente prodotto dalla attività dello stabilimento.  
Il Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 371 del 2015 che appunto ritiene necessario valutare anche il rischio oltre l’area definita dalle curve di danno del RIR [NOTA [1]] allegato al Piano Urbanistico Comunale:
rispetto al parere della CTR Vigili del Fuoco, e che in particolare si concentrano sulla non applicabilità del decreto legislativo 334/94 4 e della direttiva 96/82/CE al di fuori delle “curve di danno” descritte dai rapporti di sicurezza redatti dai gestori dei stabilimenti ed approvati dall’autorità di controllo, si osserva che la ratio del parere (in regime di salvaguardia nelle more dell’aggiornamento della strumentazione urbanistica generale) è quella di prevenire l’ “aggravamento” del rischio conseguente al nuovo insediamento, in termini di tempi e modalità di sgombero, accesso dei mezzi di soccorso, effetto domino etc., e non quello di limitarsi a verificare l’estensione spaziale degli effetti pregiudizievoli dichiarata nei rapporti di sicurezza per le varie ipotesi di incidente rilevante.
Per il resto deve chiarirsi che: a) la circostanza che si tratta di un intervento edilizio di riqualificazione non toglie che esso si traduca nella sostanza in un nuovo insediamento edilizio con caratteristiche non solo funzionali ma anche dimensionali ed architettoniche nuove, rilevanti ai fini dell’aggravamento del rischio; b) la constatazione che il CTR Vigili del Fuoco abbia in altre occasioni escluso il rischio per essere l’area collocata al di fuori delle “curve di danno” non è sufficiente per giungere alla conclusione che, nelle generali valutazioni dell’organo tecnico, questa circostanza sia stata sempre considerata dirimente, essendo rilevante e significativo invece appurare “quanto” le altre aree considerate fossero fuori dalle curve di danno o quale fosse il loro peso insediativo (questioni non emergenti chiaramente dalle argomentazioni censorie); c) le obiezioni circa la reale sussistenza dei rischi segnalati dall’organo tecnico attingono in gran parte agli scenari incidentali descritti dal rapporto di sicurezza, che come già chiarito non costituisce parametro sufficiente quando è in considerazione lo sviluppo urbanistico ed insediativo, o formulano ipotesi tecniche che, lungi dall’evidenziare ictus logici delle conclusioni, impingono sul merito tecnico delle valutazioni.”


Il coordinamento tra la normativa sulle infrastrutture critiche e quella sugli impianti Seveso  
Gli oleodotti sono soggetti alla normativa sulle infrastrutture critiche ma non a quella sulle industrie a rischio di incidente rilevante?
Con DLgs 11 aprile 2011, n. 61 sono state disciplinate (in attuazione della Direttiva 2008/114/CE) le procedure per l'individuazione e la designazione di Infrastrutture  critiche europee (ICE),  nei settori dell'energia e dei trasporti, nonché le modalità di valutazione della sicurezza di tali infrastrutture e le relative prescrizioni minime di protezione dalle minacce di  origine umana, accidentale e volontaria, tecnologica e dalle catastrofi naturali.
Questa normativa si applica anche a oleodotti (se dichiarate infrastrutture critiche)  e prevede che venga predisposta a cura dell’operatore per ogni infrastruttura come sopra elencata una analisi dei rischi ed un conseguente piano di sicurezza. Questi due documenti vengono coordinati con i documenti previsti dalla normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante (piano di emergenza esterno, rapporto di sicurezza, studio di di sicurezza integrato di area se esiste). 


Una normativa vecchissima ma tutt’ora in vigore e mai applicata
Ma se anche fosse fondata questa interpretazione permissiva resta che, per queste condotte, si applica una normativa ben più antica della quale si è dimenticato un passaggio decisivo. Sto riferendomi al Decreto del 31 luglio 1934 (Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessi). Ebbene questo decreto al punto 61 afferma: “B) Le tubazioni (oleodotti) che possono unire un deposito costiero ad un lontano stabilimento (vedasi n. 17), devono invece uniformarsi ai seguenti criteri di massima: a) le condutture principali devono evitare, per quanto possibile, i terreni non pianeggianti, i fiumi, le paludi, gli stagni, ecc.;”.


I criteri ed indirizzi tecnico-operativi per la valutazione delle analisi degli incidenti rilevanti con conseguenze per l’ambiente  elaborate dal  sistema arpa e ispra nel 2013: confermano la necessità di valutare all’interno delle procedure della normativa Seveso i rischi delle conduttore e infrastrutture esterne agli impianti Seveso
L’obiettivo del  Rapporto, pubblicato nel 2013, è quello di fornire ai tecnici del Sistema agenziale, ponendosi in ideale continuità con il precedente Rapporto, criteri ed indirizzi tecnico-operativi da applicare per la valutazione delle analisi degli incidenti rilevanti con conseguenze ambientali originati dal rilascio incontrollato di sostanze eco-tossiche nelle acque superficiali, quali fiumi, laghi, acque costiere e marine.
Per il testo vedi QUI.


Secondo il Rapporto Arpa e Ispra  per la valutazione degli incidenti Si rammenta che tre elementi devono essere presenti affinchè si possa ipotizzare un rischio per l’ambiente:
a) una sorgente di pericolo;
b) una via di migrazione/trasporto;
c) un bersaglio vulnerabile dal punto di vista ambientale (recettore)

Dall’analisi della tabella 2.2.3, del Rapporto in questione, si evince come la distribuzione sul territorio nazionale dei prodotti petroliferi (~ 17500 kt) sia ripartita per circa il 58% (~ 10.000 kt) entro 100 metri dal reticolo fluviale e per circa il 47% (~ 8000 kt) in prossimità della costa
La distribuzione delle sostanze sia maggiormente concentrata entro la fascia di distanza di cento metri e che tale distanza sia effettivamente rappresentativa di una connessione diretta tra stabilimento/ricettore ambientale (reticolo fluviale).
La maggior parte delle aziende a rischio di incidente rilevante che trattano o stoccano prodotti petroliferi e sostanze ecotossiche (sopra soglia) in prossimità di un corpo idrico superficiale, operano nelle vicinanze di corsi d’acqua di rilevante interesse da un punto di vista delle dimensioni, della capacità di veicolare sostanze o della diretta connessione con il comparto marino costiero

Soluzioni tecniche e procedurali per la prevenzione e per la mitigazione delle conseguenze nel caso di mantenimento delle condizioni di criticità: approfondire le caratteristiche della sorgente di contaminazione (ubicazione ed estensione dell’area di pertinenza dell’unità logica, attività nuova od esistente), tipologia e quantitativi presunti delle sostanze contaminanti coinvolte;

Nei Rapporti di Sicurezza sono stati riscontrati, in genere,  aspetti ritenuti critici :  quali quelli relativi alla carenza di trattazione specifica e dettagliata degli eventi riguardanti la dispersione in mare. Tutte le aziende che hanno rappresentato l’evento si sono limitate ad una descrizione dei dispositivi (panne galleggianti e attrezzature antinquinamento disponibili) atti a contrastare l’evento. Non viene, in genere, sviluppata, una descrizione di dettaglio delle metodologie utilizzate per l’intervento, dell’indicazione dei dati fisico-chimici che dovrebbero sottendere l’intervento tecnico, di una qualunque disamina dei processi di diffusione che potrebbero avvenire durante l’emergenza;

Per quanto riguarda i punti sopra citati, appare opportuno sottolineare che per Regioni con molti impianti ubicati lungo le coste, la trattazione del possibile fenomeno di sversamento di prodotti pericolosi in mare non può essere trascurata e anzi deve assumere una posizione di rilievo all’interno dello studio di sicurezza; in questi casi l’analisi delle possibili conseguenze incidentali non può prescindere da uno studio specifico che tenga conto (stimandone anche l’incertezza) delle incidenze dei venti, delle correnti e degli altri processi di diffusione che possono determinare il percorso dell’inquinante in mare ed il suo stato durante la permanenza in acqua

Misure di prevenzione: Tubazioni di collegamento terra-piattaforma a mare:  Controlli regolari (almeno una volta all'anno) con pig intelligente [NOTA 2] o con mezzo alternativo che preveda il controllo sistematico di tutti i punti delle tubazioni di collegamento terra-piattaforma a mare

I monitoraggi e lo studio specifico previste dai sopra esposti criteri e indirizzi tecnico operativi di Arpa – Ispra andavano e andrebbero ad oggi coordinati con l’aggiornamento del  “REGOLAMENTO GENERALE DI SICUREZZA E AMBIENTE” adottato, restare al caso del Fegino, da Iplom e Sertec, ai quali contrattori e dipendenti dovranno fare riferimento nello svolgimento delle attività. 
In questo regolamento ma anche relativamente alla Politica di Prevenzione degli Incidenti Rilevanti Iplom si impegna tra l’altro: “Identificare i pericoli d’incidente rilevante connessi con le proprie attività e adottare adeguati provvedimenti di prevenzione;” [NOTA 3] . Quindi tra i pericoli connessi al deposito IPLOM del Fegino rientrano sicuramente quelli legati alla gestione dell’oleodotto.


LA NOVITÀ CHE VIENE DALLA COMMISSIONE UE
Lo scorso maggio 2017  a cura del Servizio per i rischi e la sostenibilità ambientale delle tecnologie, delle sostanze chimiche, dei cicli produttivi e dei servizi idrici e per le attività ispettive dell’ISPRA, è stato pubblicato un documento (vedi QUI) molto significativo anche ai fini del ragionamento svolto fino ad ora.
Il documento proveniente dalla Commissione UE contiene le risposte ad alcuni quesiti specifici sull’implementazione della Direttiva 2012/18/CE1 (Seveso III) posti alla Commissione Europea dalle autorità nazionali degli Stati Membri. Essi riguardano questioni tecniche emerse nell’attuazione della direttiva 2012/18/CE, nota come Seveso III, e di quelle precedenti.

In particolare il primo quesito riportato nel documento è il seguente: “Qual è la relazione tra Direttiva Seveso III e la Convenzione n.174 del 1993 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sulla prevenzione degli incidenti industriali maggiori, soprattutto riguardo alle condotte e alle installazioni nucleari?
La Commissione ha così risposto:  “Gli Stati Membri che hanno ratificato in tutte le sue parti la Convenzione n. 174 del 1993 dovrebbero aver implementato misure coerenti con quest’ultima. Nelle aree che non sono soggette alle prescrizioni della direttiva, per esempio le condotte, si ritiene che gli Stati Membri estenderanno l’ambito di applicazione della direttiva Seveso III all’interno della propria legislazione nazionale oppure che adotteranno specifici distinti provvedimenti.”

Appare chiarissima la dichiarazione della Commissione che conferma la possibilità di estendere l’applicazione della normativa Seveso anche agli oleodotti o comunque condutture che trasportano sostanze pericolose che sono comunque connesse con tali impianti. Il tutto in coerenza con la interpretazione estensiva sopra esposta.

Particolarmente significativo è il riferimento alla Convenzione della Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 174 del 1993 relativa: prevenzione degli incidenti industriali maggiori vedi QUI.


La Convenzione OIL n. 174 del 1993
si applica tra l’altro anche trasporti al di fuori del sito di una installazione se attraverso condotte (lettera c) comma 3 articolo 1).

La Convenzione impone al gestore tra l’altro:
1. misure tecniche di manutenzione ed ispezione sistematica dell’installazione;
2. piani e procedure di emergenza efficaci, con procedure mediche di emergenza, da applicare sul sito in caso di incidente maggiore o di minaccia di un tale incidente, come pure la verifica e la valutazione periodica dell’efficacia di questi piani e di queste procedure e la loro revisione se necessario
3. informazioni adeguate a lavoratori e autorità competenti quindi anche alla comunità locale interessata
4. un rapporto di sicurezza sulla base delle informazioni di cui ai punti precedenti e da aggiornare periodicamente anche su richiesta della autorità competente che quindi può intervenire sulla valutazione dei rischi a prescindere dalla volontà del gestore
5. dopo un incidente un rapporto dettagliato con le misure per non ripeterlo

La Convenzione impone alle autorità competenti
Le autorità competenti devono garantire la predisposizione di un piano di emergenza esterno con adeguata informazione delle popolazioni interessate
L’autorità competente deve disporre di un personale debitamente qualificato, formato e competente che possa fare affidamento a mezzi, tecnici e specialisti sufficienti per ispezionare, 5 svolgere inchieste, fornire valutazione e consulenze su questioni trattate nella Convenzione ed assicurare il rispetto della legislazione nazionale.

Collocazione delle installazioni a rischio di incidenti maggiori
L’autorità competente deve elaborare una politica globale di collocazione che preveda una separazione congrua tra le installazioni a rischio di incidenti maggiori progettate e le zone residenziali, le zone di lavoro, come pure le attrezzature pubbliche, e, nel caso di installazioni esistenti, che preveda ogni misura adeguata. Questa politica si deve ispirare ai principi generali enunciati nella parte II della Convenzione che sono quelli: di precauzione e prevenzione (contenuti nei Trattati UE e della applicazione delle migliori tecnologie disponibili.


CONCLUSIONI
Dall’esame delle normativa sopra esposta riletta alla luce della risposta della Commissione UE risulta quanto segue:
1. anche per la Commissione UE è necessario allargare la applicazione della normativa Seveso alle condotte;
2. il collegamento tra Direttiva Seveso e Convenzione Oil rafforza entrambe in quanto una integra l’altra;
3. il collegamento con la Direttiva Seveso di cui al punto 2.  È rilevante soprattutto se vista dal punto di vista delle conduttore/condotte alle quali la Convenzione è direttamente applicabile sin dal 1993 in modo esplicito. A conferma che Seveso o meno sia i gestori delle Iplom (per rimanere a questo esempio significativo di incidente rilevante) che le Autorità Competente potevano usarla per applicare adeguate misure di prevenzione, cosa che allo stato dei fatti non appare sia stata.
4. diventa fondamentale una azione verso le Regioni e il Governo per dare attuazione operativa e anche giuridico amministrativo a quanto sopra esposto!



NOTE 
[1] Il RIR elaborato tecnico sul rischio di incidente rilevante è il documento allegato al Piano Urbanistico Comunale volto a pianificare il territorio nelle aree limitrofe allo stabilimento a rischio di incidente rilevante in modo da prevenire situazioni di rischio e soprattutto  evitare di aumentarlo questo rischio costruendo in modo non coordinato con le esigenze, ad esempio, di una eventuale evacuazione in caso di incidente. Per costruire o costruito si fa riferimento non solo agli edifici ma anche alle infrastrutture e ogni attività che possa aumentare il rischio incidentale.
[2] Tale controllo consiste nell’ispezionare internamente la condotta mediante uno strumento in grado di individuare, localizzare e dimensionare una serie di informazioni, su caratteristiche o anomalie della tubazione.
[3] http://iplom.it/index.php?c=HSEQ&sc=Sicurezza&ly=1#top

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