giovedì 24 luglio 2014

Archiviazione esposto penale su Piazza Verdi: affermazioni sconcertanti!

Ho il massimo rispetto per l'autonomia della magistratura fino a quando si mantiene dentro la sua cornice che è quella di interpretare ed applicare la legge.  
La ordinanza di archiviazione (vedi QUI) dell'esposto che chiedeva di indagare su eventuali responsabilità penali dei dirigenti del Comune in riferimento alla relazione storica allegata al bando di selezione del progetto di "riqualificazione" di Piazza Verdi, contiene affermazioni che con il diritto e con la logica dei fatti hanno poco a che fare.  

Quindi di seguito analizzerò prima gli aspetti legali della ordinanza per poi passare alla parte inquietante di questo provvedimento, quella chiaramente politica.




RELATIVAMENTE AGLI ASPETTI LEGALI DELLA ORDINANZA: LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE DI LEGAMBIENTE E COMITATO PER PIAZZA VERDI
Intanto anche questa volta come per l’archiviazione dell’esposto presentato, sempre sulla vicenda di Piazza Verdi, da parte della associazione ambientalista Legambiente, il GIP del Tribunale di Spezia ha dichiarato la inammissibilità della opposizione, alla richiesta di archiviazione del PM, per carenza di legittimità ad agire degli esponenti per reati contro la fede pubblica. Ricordo che l’oggetto dell’esposto riguardava la possibilità che l’errore nella interpretazione del ruolo dei pini e della loro datazione all’interno della piazza fosse stato fatto con dolo da cui il possibile reato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico.
Il GIP ha deciso l’archiviazione di questo secondo esposto del Comitato per Piazza Verdi, sulla base di una sentenza della Cassazione sezione unite del 2007, rimuovendo due elementi fondamentali che qui sintetizzo:
il primo è che quello che viene leso attraverso l’ipotizzato reato di falso ideologico  è un bene sottoposto a vincolo culturale ex Codice dei Beni Culturali, siamo quindi nel campo degli interessi diffusi di tipo ambientale;
il secondo è che esiste una giurisprudenza più recente della Cassazione che anche con riferimento al reato di falso ideologico in atto pubblico afferma esattamente il contrario. Si tratta della sentenza  CASSAZIONE PENALE  Sez.3^, dell’8 Aprile 2013.  

La stessa logica era stata usata per non riconoscere la legittimazione di Legambiente nella archiviazione del primo esposto. In questo caso la Procura e poi il GIP, citando una modifica della legislazione ambientale in materia, affermarono che tale modifica avrebbe escluso, alle associazioni ambientaliste, di intervenire in proprio  per il risarcimento di un danno ambientale salvo gli interventi per danni direttamente subiti dai membri di queste associazioni . Si tratta di una interpretazione apodittica riferita ad una unica sentenza della Cassazione del 2009  e superata da altre sentenze come la  19883 del 2009 e da ultimo la 25039 del 2011 e la 19439, 23/05/2012.
Affermano queste sentenze in contrasto con l’interpretazione della Procura e del GIP del Tribunale di Spezia: “L’espressa disposizione dell’articolo 311 comma 2, del DLgs 152/2006 che  riserva allo Stato la possibilità di costituirsi parte civile in materia di danno ambientale e l’abrogazione delle norme in materia di potere surrogatorio degli enti territoriali da parte delle associazioni ambientaliste , non esclude l’applicabilità delle regole in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile”.

Ma la questione della mancato riconoscimento della legittimazione del Comitato per Piazza Verdi relativamente al secondo esposto ora archiviato dalla ordinanza che sto esaminando in questo post, assume contorni ancor più assurdi se andiamo a leggere quanto affermato da altro giudice nel decreto che fissa la udienza che ha portato ora alla ordinanza di archiviazione. Si afferma in quel decreto: “ritenuto che le prospettazioni dell’opponente (alla archiviazione ndr) e le su richieste di integrazione probatoria siano meritevoli di esame nel contraddittorio delle parti, siccome prive di profili di inammissibilità, avuto riguardo al fatto che il giudizio di inammissibilità, avuto riguarda al fatto che il giudizio di inammissibilità della opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione può attenere soltanto alla pertinenza e specificità degli atti di indagine richiesti e non anche, in chiave prognostica, alla fondatezza degli stessi (Cassazione sezione II  n.1304/2011)

Prima domanda la Procura e il GIP per motivare le loro richieste e decisioni usano solo le sentenze comode alle loro tesi precostituite o invece confrontano gli indirizzi prevalenti della giurisprudenza come insegnano fin dai primi anni di dei corsi in laurea di Giurisprudenza.? 
Seconda domanda quante interpretazioni ci sono nell’ufficio del GIP GUP del tribunale di Spezia?......



RELATIVAMENTE AGLI ASPETTI LEGALI DELLA ORDINANZA: LA QUESTIONE DELLA BUONA FEDE DELLA DIRETTRICE DELLE ISTITUZIONI CULTURALI SPEZZINE, NELL’ERRORE NELLA DATAZIONE DEI PINI
Relativamente alla questione se ci fosse quanto meno stata imperizia e soprattutto buona fede da parte della dottoressa  Ratti nello stendere la relazione storica allegata la bando pubblico per la selezione del progetto di “riqualificazione” di Piazza Verdi, il GIP ricicla, con un copia ed incolla molto raffazzonato la tesi contenuta nella richiesta di archiviazione del PM. Secondo questa tesi: ““La relazione in questione risale al 2009, quando l’articolo 10 comma 5 del DLgs 42/2004 prevedeva ancora che fossero soggette a tutela soltanto le opere la cui esecuzione risalisse ad oltre 50 anni….è dunque evidente che per la funzionaria non assumeva particolare rilievo discernere tra il periodo immediatamente precedente o immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale perché in ogni caso anche tal seconda datazione implicava che gli alberi fossero sottoposti a tutela (risalendo ad oltre 50 anni prima cioè ad epoca antecedente il 1959: la funzionaria dunque non aveva motivo alcuno di approfondire le sue ricerche, acquisendo ulteriore documentazione oltre alla consultazione delle fonti iconografiche, in quanto, dal suo punto di vista, nulla sarebbe mutato”.

Questa affermazione non dimostra nulla perché il problema non sta solo nei 50 o nei 70 anni ma nella affermazione, che discende dalla errata datazione dei pini, contenuta nella relazione della dottoressa Ratti secondo cui: “Nel 1933 la facies della piazza può dirsi conclusa: le due cortine nord e sud sono state realizzate, il collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo - via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non ha alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra. La piazza come completata negli anni Trenta si presentava come slargo delimitato dalle cortine continue dei palazzi pubblici e privati ed aveva dei larghi marciapiedi centrali, in luogo degli attuali pini marittimi che furono collocati circa dieci anni dopo la seconda guerra mondiale.”

La relazione della dottoressa Ratti va letta quindi tutta e non solo nelle parti che servono per giustificare la decisione del GIP. Questa visione del rapporto tra errata datazione nella collocazione dei pini e loro collocazione all’interno della face storica complessiva della Piazza è ancora più necessaria se consideriamo che (come affermato dalla recente ordinanza del Consiglio di Stato proprio su Piazza Verdi vedi QUImancava una vera e propria procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza in tutte le sue componenti, arboree comprese.

Infine quanto alla affermazione contenuta nella ordinanza del GIP secondo cui non risulta che indagata, dottoressa Ratti: “abbia avuto alcun ruolo nella vicenda amministrativa successiva alla relazione”. Ora qui siamo alla rimozione della realtà amministrativa perchè il ruolo della dottoressa è stato decisivo non solo al momento della stesura della relazione ma anche successivamente visto che questa relazione è stata allegata, con carattere prescrittivo, al bando sulla cui base è stato selezionato il progetto poi oggetto di contestazione. 



RELATIVAMENTE AGLI ASPETTI DI PREGIUDIZIO IDEOLOGICO CONTENUTI NELLA ORDINANZA
L'ordinanza di archiviazione dell'esposto su Piazza Verdi da parte del GIP dottoressa Brusacà contiene purtroppo anche dichiarazioni gravissime almeno per chi ha rispetto per la distinzione tra politica e giustizia.
Mi riferisco alla incredibile accusa agli esponenti di praticare "un uso della denuncia nei confronti della funzionaria (dottoressa Ratti ndr) strumentale al risultato che il Comitato intendeva ottenere, ossia la paralisi del progetto di piazza Verdi".  Questa affermazione nulla ha a che fare con il diritto o con la tutela dei diritti della dottoressa Ratti, si tratta invece di una interpretazione meramente soggettiva, un vero e proprio processo alle intenzioni ammissibile solo da parte di un politico non di un giudice.  
Se questo modo di pensare venisse esteso si lederebbe per sempre il diritto dei cittadini di chiedere alla magistratura di intervenire, tramite esposti appunto, per verificare se una attività, un impianto, un progetto sono stati autorizzati, gestiti senza violazioni di leggi e senza danni per la salute l’ambiente e il patrimonio storico e architettonico pubblico e privato. 
E’ chiaro che dietro un esposto ci sia sempre un elemento di contestazione a quella attività, a quel progetto, contestazione che quasi sempre nasce, soprattutto nella cause ambientali o per la tutela dei beni ambientali e culturali, da una incapacità di ascolto del livello politico delle contestazioni e/o opposizioni dei cittadini. Se ogni volta che ciò accade io rigetto come inammissibile un esposto solo perché io giudice ho il retro pensiero che gli esponenti vogliono opporsi a quella decisione, a quell’impianto, a quel progetto,  nessun esposto sarà mai preso in considerazione.
Siamo alla deriva antidemocratica tradotta in pseudo linguaggio giudiziario!

Ma non basta oltre a questi aspetti gravissimi, sotto il profilo dei diritti costituzionali dei cittadini, in questa ordinanza ci sono anche affermazioni ridicole per la palese assurdità delle stesse. A pagina 2 della ordinanza leggo: "la collocazione cronologica dei pini....risultava  difficile da effettuarsi".
Egregia dottoressa Brusacà volevo ricordarLe che era così difficile collocare storicamente l'impianto del filare tanto che la data corretta è stata trovata da una professoressa di storia con una semplice ricerca nella biblioteca civica Mazzini. La cosa incredibile è che poche righe dopo la dottoressa Brusacà conferma questa modalità di ritrovamento. Ritrovamento anomalo da un punto di vista amministrativo peraltro, visto che non dovrebbe essere compito dei cittadini integrare istruttorie normate dalla legge e assegnate di competenza a soggetti istituzionali precisi.  Ma questo non viene rilevato dal GIP che invece si avventura, nel testo della ordinanza, in una sorta di illogica distinzione temporale secondo cui al momento della stesura della relazione era difficile conoscere i documenti che provavano la vera data di collocazione dei pini. Invece un paio di anni dopo si? E da parte di un semplice cittadino? Come è stato possibile tutto ciò? Sono cambiati gli archivi storici del Comune? Cosa è successo dottoressa Brusacà, ce lo spieghi per favore a noi poveri cittadini comuni dall’alto della sua scienza giuridica! 

Viene da dire infatti che mentre un cittadino comune trova, qualche tempo dopo la relazione della dottoressa Ratti, queste prove sulla reale datazione dei pini, la Direttrice delle Istituzioni Culturali spezzine che ha a disposizione tutti gli archivi storici del Comune, dipendenti pubblici, consulenti e che per legge e per stipendio  deve gestire i suddetti archivi,  ha avuto difficoltà a trovarli quasi che fossero stati nascosti dai servizi segreti di qualche stato dittatoriale e non fossero a disposizione degli archivi della Biblioteca civica!

Ma stiamo scherzando?  Tutto questo argomentare è semplicemente vergognoso!  

Io per molto meno quando ero assessore ho chiesto esplicitamente la rimozione del mio dirigente apicale al settore ambientale....  ma io  sono Marco Grondacci, ho un mio lavoro e non vivo di politica, la stessa cosa non può dire Federici......... e questo spiega molto anche se non tutto!

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