lunedì 27 giugno 2016

Dal caso Iplom Fegino:quale normativa per le industrie a rischio incidente

Riporto la versione estesa della relazione  che ho tenuto al dibattito nella Festa del quartiere del Fegino sul caso Iplom ma anche su come gestire il rischio industriale......




LA QUESTIONE DEGLI IMPIANTI SOTTOPONIBILI ALLA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
Secondo la lettera a) comma 1 articolo 3 dl DLgs 105/2015 è stabilimento ai sensi della disciplina Seveso: “tutta  l'area  sottoposta  al  controllo  di  un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse;”. 
Quindi anche le infrastrutture connesse all’impianto, come ad esempio gli oleodotti al servizio di depositi e raffinerie,  devono essere soggette alla normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante compreso il piano e programma ispezioni

Si veda anche la definizione di impianto ai sensi del DLgs 105/2015: “h) «impianto»: un'unita' tecnica all'interno di uno stabilimento  e che si trovi fuori terra o a  livello  sotterraneo,  nel  quale  sono prodotte,  utilizzate,  maneggiate  o   immagazzinate   le   sostanze
pericolose; esso comprende tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari,  gli  utensili,  le  diramazioni  ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono  l'impianto,  i  moli,  i
magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto;  (lettera h) comma 1 articolo 3 DLgs 105/2015)
o) «incidente rilevante»: un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto  a  sviluppi  incontrollati che si verifichino durante l'attività di uno  stabilimento  soggetto al presente decreto e che dia luogo a un pericolo grave, immediato  o differito,  per  la  salute  umana  o   l'ambiente,   all'interno   o all'esterno dello stabilimento, e in  cui  intervengano  una  o  più sostanze pericolose;  (lettera o) comma 1 articolo 3 DLgs 105/2015)

Nel Rapporto di Sicurezza devono essere identificati gli impianti e altre attività dello stabilimento che potrebbero presentare un pericolo di incidente rilevante (allegato 2 al DLgs 105/2015, come pure c) sulla base delle informazioni disponibili, identificazione degli stabilimenti  adiacenti,  nonché  di  siti  di  attività  che   non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto e di aree, insediamenti e progetti urbanistici che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di incidenti rilevanti  e  di effetti domino;

Insomma gli oleodotti collegati ad impianti soggetti ad industrie a rischio incidente rilevante che trasportano sostanze pericolose e quindi rientranti nella normativa sul rischio di incidente rilevante,  in modo assolutamente improprio non vengono assoggettati alla normativa più vincolante delle industrie a rischio.

In realtà la questione è più complessa come dimostra una sentenza del Consiglio di Stato che si riporta di seguito per la semplice ragione che al di la della formale applicazione della normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante occorre analizzare nel merito e quindi nel caso singolo la possibile area di impatto del potenziale incidente prodotto dalla attività dello stabilimento.  
Il Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 371 del 2015 che appunto ritiene necessario valutare anche il rischio oltre l’area definita dalle curve di danno del RIR[1] allegato al Piano Urbanistico Comunale:
rispetto al parere della CTR Vigili del Fuoco, e che in particolare si concentrano sulla non applicabilità del decreto legislativo 334/94 4 e della direttiva 96/82/CE al di fuori delle “curve di danno” descritte dai rapporti di sicurezza redatti dai gestori dei stabilimenti ed approvati dall’autorità di controllo, si osserva che la ratio del parere (in regime di salvaguardia nelle more dell’aggiornamento della strumentazione urbanistica generale) è quella di prevenire l’ “aggravamento” del rischio conseguente al nuovo insediamento, in termini di tempi e modalità di sgombero, accesso dei mezzi di soccorso, effetto domino etc., e non quello di limitarsi a verificare l’estensione spaziale degli effetti pregiudizievoli dichiarata nei rapporti di sicurezza per le varie ipotesi di incidente rilevante.
Per il resto deve chiarirsi che: a) la circostanza che si tratta di un intervento edilizio di riqualificazione non toglie che esso si traduca nella sostanza in un nuovo insediamento edilizio con caratteristiche non solo funzionali ma anche dimensionali ed architettoniche nuove, rilevanti ai fini dell’aggravamento del rischio; b) la constatazione che il CTR Vigili del Fuoco abbia in altre occasioni escluso il rischio per essere l’area collocata al di fuori delle “curve di danno” non è sufficiente per giungere alla conclusione che, nelle generali valutazioni dell’organo tecnico, questa circostanza sia stata sempre considerata dirimente, essendo rilevante e significativo invece appurare “quanto” le altre aree considerate fossero fuori dalle curve di danno o quale fosse il loro peso insediativo (questioni non emergenti chiaramente dalle argomentazioni censorie); c) le obiezioni circa la reale sussistenza dei rischi segnalati dall’organo tecnico attingono in gran parte agli scenari incidentali descritti dal rapporto di sicurezza, che come già chiarito non costituisce parametro sufficiente quando è in considerazione lo sviluppo urbanistico ed insediativo, o formulano ipotesi tecniche che, lungi dall’evidenziare ictus logici delle conclusioni, impingono sul merito tecnico delle valutazioni.”

Una ulteriore contraddizione: gli oleodotti sono soggetti alla normativa sulle infrastrutture critiche ma non a quella sulle industrie a rischio di incidente rilevante?
Con DLgs 11 aprile 2011, n. 61 sono state disciplinate (in attuazione della Direttiva 2008/114/CE) le procedure per l'individuazione e la designazione di Infrastrutture  critiche europee (ICE),  nei settori dell'energia e dei trasporti, nonché le modalità di valutazione della sicurezza di tali infrastrutture e le relative prescrizioni minime di protezione dalle minacce di  origine umana, accidentale e volontaria, tecnologica e dalle catastrofi naturali.
Questa normativa si applica anche a oleodotti (se dichiarate infrastrutture critiche)  e prevede che venga predisposta a cura dell’operatore per ogni infrastruttura come sopra elencata una analisi dei rischi ed un conseguente piano di sicurezza. Questi due documenti vengono coordinati con i documenti previsti dalla normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante (piano di emergenza esterno, rapporto di sicurezza, studio di di sicurezza integrato di area se esiste). 

  

LA QUESTIONE DELLA INFORMAZIONE AL PUBBLICO DA PARTE DEL SINDACO DEL COMUNE SUL CUI TERRITORIO è PRESENTE UNA INDUSTRIA A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE

Intanto il Sindaco dovrebbe chiarire a che punto stiamo con la trasparenza e la pubblicazione di tutte le informazioni relative al potenziale rischio di incidente rilevante dell’impianto attuale. obblighi informativi a carico del Sindaco, ex Dpcm 16/2/2007,  che si vanno ad elencare (sottolineando quelli che di solito non vengono minimamente rispettati dai Sindaci):
1. censire gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante presenti sul territorio di cui agli artt. 6 e 8 del D.Lgs.334/99 e s.m.i.;
2. reperire i dati dello stabilimento attraverso la Scheda di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori (All.V del D.Lgs.334/99 e s.m.i.) redatta dal gestore;
3. esaminare e integrare la Scheda di informazione richiedendo, se necessario, al gestore maggiori dettagli ai fini di migliorarne la comprensibilità;
4. acquisire i dati demografici relativi al territorio a rischio;
5. acquisire i dati sulle strutture sensibili ove può verificarsi un’elevata concentrazione di persone (centri commerciali, chiese, stadi, supermercati, cinema, teatri, uffici, alberghi, ecc.);
6. acquisire dati sulle strutture sensibili ove è presente un’elevata concentrazione di persone vulnerabili (ospedali, scuole, strutture sanitarie, ecc.) in analogia con quanto riportato nel PEE;
7. predisporre la planimetria del territorio a rischio evidenziando le strutture sensibili e le tre zone a rischio (di sicuro impatto, di danno e di attenzione) indicate anche sulla Scheda informativa;
8. individuare gli strumenti e i mezzi nonché le modalità per la comunicazione in emergenza, in coordinamento con il gestore dello stabilimento;
9. individuare i possibili comunicatori/referenti che possono essere coinvolti nella campagna informativa in quanto ritenuti idonei ad instaurare rapporti diretti con la popolazione a rischio;
10. costituire uno staff per gestire l’informazione preventiva e durante l’emergenza e predisporre corsi di formazione per tutti coloro che potrebbero essere utilizzati nelle attività di diffusione e spiegazione dei contenuti del messaggio informativo;
11. pianificare la campagna informativa nelle due fasi:
11.1.fase preventiva – in questa fase l’informazione è finalizzata a mettere ogni individuo nella condizione di conoscere il rischio a cui è esposto, i segnali dall’allarme e cessato allarme e i comportamenti da assumere durante l’emergenza;
11.2.fase emergenza – durante l’emergenza l’informazione è finalizzata ad avvertire (con i sistemi d’allarme previsti) la popolazione dell’evento incidentale in atto e ad attivare i relativi comportamenti;
12. progettare la modalità comunicativa con la quale introdurre e spiegare la Scheda d’informazione attraverso: una lettera del Sindaco, la cartellonistica, le assemblee pubbliche, l’informativa attraverso i media, una pagina web, ecc.;
13. prevedere la verifica dei risultati della campagna informativa effettuata attraverso la distribuzione di un questionario predisposto sulla base delle indicazioni fornite (allegato 4);
14. predisporre le idonee azioni correttive attraverso una integrazione o rimodulazione della campagna informativa;
15. comunicare le modalità di esecuzione dell’evacuazione assistita (quando prevista);
16. comunicare i punti di raccolta e informare sul sistema di assistenza immediata degli sfollati con controlli di carattere medico-sanitario;
17. predisporre segnaletica da apporre sui siti evacuati per rendere noto ove sono reperibili gli sfollati;
18. predisporre il segnale di cessato allarme;
19. comunicare i provvedimenti adottati (ordinanze urgenti) per la tutela della salute pubblica (es.: divieto di ingestione di alimenti freschi provenienti da terreni coinvolti nell’emergenza);
20. utilizzare, ove esistenti, i gruppi di volontariato di protezione civile per le attività connesse alla campagna informativa secondo il livello di qualificazione acquisito;
21. consultare la pagina web del Dipartimento della protezione civile per visionare esempi di campagne informative già realizzate (www.protezionecivile.it).
22. Il Sindaco/Comune deve confrontare i dati sopra elencati con quanto individuato dal PEE (Piano di emergenza esterno)  laddove è presente e dare le informazioni coerenti con ciò che è riportato nello stesso piano.
23. Qualora non sia stato ancora redatto il PEE o ai fini di un suo successivo aggiornamento, il Comune deve inviare alla Prefettura/Ufficio Territoriale del Governo e alla Provincia il pacchetto informativo adottato per l’informazione alla popolazione al fine di integrare il PEE.



LA QUESTIONE DELL’EFFETTO DOMINO NELLE INDUSTRIE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
In cosa consiste l’effetto domino lo spiega la vigente normativa in materia di industrie a rischio di incidente rilevante
I gestori degli stabilimenti, soggetti alla presente Direttiva devono:
a) scambiare le informazioni necessarie per consentire a tali stabilimenti di prendere in considerazione la natura e l'entità del pericolo globale di incidenti rilevanti nell'elaborare la  MAPP, i sistemi di gestione della sicurezza, i rapporti di sicurezza e i piani d'emergenza interni, a seconda dei casi;
b) collaborare nell'informare il pubblico e i siti adiacenti che non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva e nel fornire informazioni all'autorità responsabile  della preparazione dei piani di emergenza esterni.
Ma il CTR accerta lo scambio di informazioni e soprattutto individua l’area gli stabilimenti o  i  gruppi  di  stabilimenti  di  soglia inferiore e di soglia superiore, per i quali  la  probabilita'  o  la possibilita' o le  conseguenze  di  un  incidente  rilevante  possono essere maggiori a causa della posizione geografica,  della  vicinanza degli stabilimenti stessi e dell'inventario delle sostanze pericolose presenti in essi, dandone comunicazione ai gestori degli stabilimenti interessati.

L’allegato E al DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III) disciplina Criteri per l'individuazione degli stabilimenti tra i quali  esiste la possibilità di effetto domino, per lo scambio di informazioni tra i  gestori,  nonché  per  l'individuazione  delle  aree  ad  elevata
concentrazione di stabilimenti tra i  quali  e'  possibile  l'effetto domino

In particolare questo allegato prevede:
La procedura di individuazione dei gruppi domino preliminari e definitivi: due o più stabilimenti, tra gli impianti dei quali si possano verificare effetti domino.
I criteri per individuare l’area ad elevata concentrazione di stabilimento a rischio di incidente rilevante (area RIR) tra i quali è possibili effetto domino
I criteri per la perimetrazione dell’area RIR di interesse per lo studio di sicurezza integrato di area (SSIA)



LA QUESTIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI E DELLE EMISSIONI ANOMALE DA IMPIANTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
Per i depositi di petrolio che, pur essendo oggetto della normativa sui rischi di incidenti rilevanti, non sono soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale ma neppure a specifica autorizzazione di emissioni convogliate, esistono comunque norme ambientali da rispettare per le emissioni diffuse (vapori odori polverosità etc.). In particolare la norma generale applicabile in termini autorizzatori è l’articolo 269 del DLgs 152/2006:  “Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti”[2]  che al comma 10 recita: 10. Non  sono  sottoposti  ad  autorizzazione  gli  impianti  di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I  gestori  sono comunque  tenuti  ad  adottare  apposite  misure  per  contenere   le emissioni  diffuse  ed  a  rispettare   le   ulteriori   prescrizioni eventualmente disposte,  per  le  medesime  finalità,  con  apposito provvedimento dall'autorità competente[3].

Nel caso dei depositi di oli minerali la pericolosità deriva direttamente dalla loro infiammabilità e, per le benzine, dalla possibilità di rapida vaporizzazione (a causa della loro elevata volatilità).

Quindi possiamo dire che anche a prescindere dalla normativa sulle industrie a rischio se un impianto produce ad esempio emissioni odorigene prolungate nel tempo può produrre un danno grave alla salute dei cittadini che può essere sanzionato fino ad arrivare alla chiusura dell’impianto, ad esempio applicando il principio di precauzione.  Si veda in questo senso la sentenza del Consiglio di Stato n. 4588 del 10/9/2014 (vedi QUI). Il Consiglio di Stato afferma il principio che a prescindere dal rispetto dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle emissioni atmosferiche, se, sulla base di adeguata documentazione scientifica, si dimostra persistere un probabile rischio sanitario per i cittadini residenti, l’autorità competente può negare l’autorizzazione o revocarla in fase di revisione/adeguamento. Il Consiglio di Stato respinge le tesi della difesa dei gestori dell’impianto in quanto basata su un concetto meramente formale (rispetto limiti di emissione dei singoli inquinanti ex lege)  di emissioni intollerabili. 
Il Consiglio di Stato, tenuto conto anche degli elementi fattuali del processo penale sopra riportato,  ritiene che le tesi dei difensore dei gestori dell’impianto: “finiscono  col disconoscere inammissibilmente, e senza ragione, gli sviluppi della ricerca, degli studi e dei metodi di indagine di natura tecnico–scientifica in materia di salvaguardia e di tutela della salubrità dell’ambiente e della salute pubblica, ammettendone il loro rilievo solo allorquando essi siano recepite in apposite normative, statali o comunitarie….”.



LE CONSEGUENZE PER IL MANCATO AGGIORNAMENTO DEI DOCUMENTI PREVISTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
Se i vari documenti previsti dalla legge per garantire la prevenzione dal rischio di incidente rilevante non vengono aggiornati non c’è solo un problema formale o burocratico ma si impedisce di adeguare la gestione del rischio di incidente dall’impianto specifico alla evoluzione più recente della normativa sulle industrie a rischio (DLgs 105/2015)
Facciamo alcuni esempi di importanti innovazioni che verrebbero rimosse se non fossero aggiornati i documenti che di seguito cito:

Piano di Emergenza Esterno (competenza Prefetto)
L’allegato IV della presente Direttiva contiene le seguenti novità rispetto all’allegato IV della Direttiva abrogata:
1. relativamente ai piani di emergenza esterni alla voce misure di intervento da adottare all’esterno del sito, interessato dalla attività o stabilimento,  si aggiunge: “comprese le reazioni agli scenari di incidenti rilevanti indicati nel rapporto di sicurezza ed esaminando i possibili effetti domino fra cui quelli che hanno un impatto sull'ambiente;
2. relativamente ai piani di emergenza esterni le informazioni specifiche relative all'incidente e al  comportamento da adottare devono essere fornite non solo al pubblico ma anche agli stabilimenti o siti adiacenti che non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva


Rapporto di Sicurezza (competenza gestore impianto)
-  non basta la generica descrizione delle zone in cui può verificarsi un incidente rilevante ma con la presente Direttiva occorre anche: “la identificazione degli stabilimenti adiacenti nonché di siti che non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, aree e progetti urbanistici che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di incidenti rilevanti e di effetti domino”;
-  vengono specificate le cause interne ed esterne degli eventi che possono innescare scenari di rischio incidentale e cioè: i) cause operative; ii) cause esterne, quali quelle connesse con effetti domino, siti che non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, aree e sviluppi edilizi che potrebbero essere all'origine di o aumentare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante; iii) cause naturali, ad esempio terremoti o inondazioni;

-  nella descrizione dei dispositivi installati nell'impianto per limitare le conseguenze di incidenti rilevanti viene aggiunto: “per la salute umana e per l'ambiente, compresi ad esempio sistemi di rilevazione/protezione, dispositivi tecnici per limitare l'entità di rilasci accidentali, tra cui nebulizzazione dell'acqua, schermi di vapore, contenitori di raccolta di emergenza, valvole di intercettazione, sistemi di neutralizzazione, sistemi di raccolta delle acque antincendio”;





[1] Il RIR elaborato tecnico sul rischio di incidente rilevante è il documento allegato al Piano Urbanistico Comunale volto a pianificare il territorio nelle aree limitrofe allo stabilimento a rischio di incidente rilevante in modo da prevenire situazioni di rischio e soprattutto  evitare di aumentarlo questo rischio costruendo in modo non coordinato con le esigenze, ad esempio, di una eventuale evacuazione in caso di incidente. Per costruire o costruito si fa riferimento non solo agli edifici ma anche alle infrastrutture e ogni attività che possa aumentare il rischio incidentale.
[2] Rubrica così modificata dalla lettera a) comma 3 articolo 3 del dlgs 128/2010
[3] Comma sostituito dalla lettera l comma 3 articolo 3 del dlgs 128/2010 

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