lunedì 18 gennaio 2016

Scontro PD – Giunta Regionale sui centri commerciali: la verità rimossa!

Scoppiata nuova discussione in Regione Liguria sul tentativo della nuova Giunta Regionale di svincolare la realizzazione di nuovi centri commerciali. Il PD attacca questa decisione.

Lasciando perdere il pregresso, vedi vari centri commerciali autorizzati sotto il governo Burlando (Le Terrazze, Outlet Brugnato, Santo Stefano etc.) la domanda sorge spontanea ma intanto questi del PD perché non usano nei Comuni dove governano i poteri che la stessa Corte di Giustizia europea e la Corte Costituzionale riconoscono agli enti pubblici nella pianificazione delle grande strutture di vendita in chiave urbanistica?

In altri termini si potevano fermare i nuovi grandi centri commerciali arrivati negli anni scorsi e soprattutto si possono fermare quelli che verranno, oppure i Comuni e le Regioni devono subire passivamente la distruzione del commercio al dettaglio per colpa della “liberalizzazione” del commercio?

La risposta sempre rimossa in questi anni è: si potevano e si  possono fermare i centri commerciali è questione di volontà politica e di buona pratica di amministrazione attiva e quindi di pianificazione nell’uso del territorio. Vediamo perchè......



Come ha affermato la Corte di Giustizia della UE  (Sentenza 24 marzo 2011 n.C400/08) all'interno degli stati membri, l'apertura dei grandi centri commerciali non può essere subordinata a valutazioni di carattere economico. Non si può, cioè, impedire l'insediamento degli ipermercati perché potrebbero danneggiare il commercio al dettaglio o sulla base del fatto che l'impresa già detenga una fetta consistente del mercato.

Invece le amministrazioni interessate , in primo luogo il Comune, potevano e possono intervenire utilizzando gli strumenti di pianificazione urbanistica, non a caso a presupposto della procedura di autorizzazione di qualsiasi centro commerciale. Infatti la Corte di Giustizia nella sentenza sopra riportata afferma che restrizioni alla libertà di stabilimento di grandi centri commerciali:  “possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire  la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso. Fra tali motivi imperativi figurano,  tra gli altri, la protezione  dell’ambiente, la razionale gestione del territorio, nonché la tutela dei consumatori.” .

Nella stessa direzione si veda Corte Costituzionale (sentenza n. 430 del 2007, nel solco di una giurisprudenza più volte confermata:  n. 80 del 2006, n. 242 del 2005): precisa che: ” limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda. I principi del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri pubblici non interferiscano sul libero gioco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area.”  

Quindi non solo la Regione ma ancora più semplicemente una Amministrazione Comunale poteva e può, con apposita variante di indirizzo al PUC, introdurre  i criteri di esclusione come delineati  dalla Corte di Giustizia fermando la realizzazione di nuovi centri commerciali, certo avrebbe dovuto motivare bene  questo provvedimento con apposita istruttoria ma sotto il profilo formale la legge riconosce questo potere se esercitato nella chiave interpretativa della Corte di Giustizia.

Relativamente ai poteri comunali in materia di pianificazione urbanistica in rapporto ai diritti dei privati, soccorre anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (ad esempio sentenza n. 02843/2010 REG.DEC. - N. 11964/2003 REG.RIC.):  “In sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, l'Amministrazione pubblica può validamente introdurre innovazioni atte a migliorare e ad aggiornare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze anche quando ciò imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto ad altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione di zona. I piani regolatori, infine, possono dettare norme a tutela dell'ambiente rientrando nell’ampia discrezionalità del Comune la facoltà di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare determinati equilibri dell'assetto territoriale.”

Si veda anche Consiglio di Stato sentenza n.1202 del  27 febbraio 2013, relativa alla procedura di approvazione di una variante al piano di fabbricazione finalizzata alla realizzazione di una media struttura di vendita alimentare-misto,  che conferma l’indirizzo giurisprudenziale sopra riportato. Indirizzo peraltro confermato dalla articolo 31 della stessa legge di liberalizzazione del commercio (Legge 214/2011) secondo il quale l’attività commerciale è liberalizzata ma  nel rispetto della tutela dell’ambiente e dell’ambiente urbano, concetto nel quale è ricompreso anche la razionale gestione del territorio citata anche dalla giurisprudenza comunitaria. 
In particolare secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 1202 del 2013
1. il potere di pianificazione urbanistica si pone su un piano di prevalenza rispetto agli atti di gestione attinenti la materia commerciale (cfr. Consiglio Stato sez. V 12 luglio 2004 n. 5057 ). Si veda anche più recentemente TAR Toscana sentenza n. 1783 del  2012 secondo cui: “Il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio, preordinato alla costruzione di medie e grandi strutture di vendita, e procedimento di rilascio delle connesse autorizzazioni commerciali è finalizzato ad evitare insediamenti commerciali in contrasto con le previsioni urbanistiche”.
2. l'art. 6, DLgs. 31 marzo 1998 n. 114 (riforma della disciplina del commercio, vedi  QUI),  è comunque finalizzato ad assicurare l'integrazione tra la pianificazione territoriale ed urbanistica e la programmazione commerciale, in quanto pone la stretta correlazione tra titoli edilizi e autorizzazioni all'esercizio, nel novero dei criteri di programmazione riferiti al settore commerciale (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 08 giugno 2007 n. 3027).  Infatti e non a caso tra i criteri che garantiscono tale integrazione c’è anche quello di tenere conto dei centri storici,  al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali. 
3.  le prescrizioni e le disposizioni del piano urbanistico sono sempre prevalenti su quelle del piano commerciale, in quanto rispondono all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, e le relative disposizioni possono legittimamente porre limiti alla libertà di iniziativa economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI 10 aprile 2012 n. 2060, vedi QUI).


Conclusioni:  almeno la smettano di prendere in giro il commercianti con queste finte diatribe buone per le campagne elettorali ma non certo per tutela il commercio al dettaglio.

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