sabato 12 settembre 2015

Il Comune spezzino fa causa al Ministro Bray: una vendetta giuridicamente infondata

L’Amministrazione Comunale spezzina dichiara che farà causa al Ministro Bray per il famoso “tweet” con il quale dichiarava che il Comune avrebbe dovuto svolgere la verifica di interesse culturale di Piazza Verdi prima di iniziare i lavori del progetto di riqualificazione della stessa.

A questo punto sorgono due domande inevitabili:
1. il Comune ha dei fondamenti legali forti per attivare questa causa e soprattutto chiedere poi un eventuale risarcimento danni all’ex Ministro?
2. la sentenza del Consiglio di Stato che dette ragione al Comune sul progetto Buren Vannetti contiene elementi che possano sostenere la tesi risarcitoria del Comune?


A mio avviso no e spiego perché:

COSA DICE LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SULLE RESPONSABILITÀ DEL MINISTRO BRAY
sotto il profilo giurisprudenziale  il Consiglio di Stato ha respinto l'appello incidentale del Comune che chiedeva la riforma della sentenza del TAR Liguria nella parte in cui non aveva annullato il "famoso"  tweet. 

Non solo,   ma il Consiglio di Stato nella parte finale della sentenza afferma: “il Collegio osserva che gli atti dell’autorità politica, limitati all’indirizzo, controllo e nomina ai sensi del decreto legislativo n.165 del 2001, debbono pur sempre concretarsi nella dovuta forma tipica dell’attività della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 24 settembre 2003, n.5444, Cassazione civile, sezione II, 30 maggio 2002, n.7913; III, 12 febbraio 2002, n.1970), anche, e a maggior ragione, nell’attuale epoca di comunicazioni di massa, messaggi, cinguettii, seguiti ed altro, dovuti alle nuove tecnologie e alle nuove e dilaganti modalità di comunicare l’attività politica.

Quindi il Consiglio di Stato sostanzialmente dice che per avere valore giuridico amministrativo il “tweet” deve tradursi in un atto amministrativo. È proprio quello che è avvenuto da parte della Direzione Regionale e della Soprintendenza. 

Quindi dove sta il problema?

In realtà se come poi è avvenuto, sotto il profilo giuridico, le decisioni della Soprintendenza sono risultate illegittime per TAR e Consiglio di Stato, l’azione del Ministero non è stata oggetto di alcun annullamento diretto. Questo perché non c’era alcun motivo per farlo, essendo il concetto di “spia da eccesso di potere”, riferito al tweet di Bray,  rimasto allo stato della semplice descrizione nelle motivazioni del Consiglio di Stato.



IL RUOLO SVOLTO DAL MINISTRO BRAY, SOTTO IL PROFILO ISTITUZIONALE, RIENTRA PIENAMENTE NELLE SUE FUNZIONI
Ma  sul ruolo dell’ex Ministro Bray nella vicenda di Piazza Verdi voglio svolgere un ragionamento più articolato sotto il profilo giuridico amministrativo.  Per una ragione molto semplice. Ci lamentiamo sempre che il livello politico non esercita la sua funzione di vigilanza sugli atti degli organi burocratici che dirige, vigilanza riconosciuta dalla legge soprattutto ad un Ministro.
Bene in questo caso Bray lo ha fatto, che poi i successivi atti, della Soprintendenza e non del Ministro,  siano stati dichiarati illegittimi è un altro discorso, ma resta il fatto che il Ministro ha esercitato un suo potere ex lege come preciso di seguito.

ll Ministro ha sui Beni Culturali un potere di vigilanza generale di cui all’articolo 18 del Codice. Questo potere il Ministero ha esercitato segnalando la potenziale lacuna istruttoria  e chiedendo che Direzione Regionale per i  Beni Culturali e Soprintendenza verificassero la fondatezza di tale lacuna.  La potenziale lacuna istruttoria derivava dal mancato svolgimento della procedura di verifica dell'interesse culturale della piazza nel suo insieme (pertinenze arboree comprese), procedura che era stata ordinata come "necessaria" dalla autorizzazione rilasciata nel novembre 2012.
Quindi non può esserci stato nessun atto del Ministero semplicemente perché  gli atti di amministrazione attiva spettano ai suddetti organi periferici del Ministero attivati da quest’ultimo proprio esercitando i suoi potere generali di vigilanza.

Affermano gli atti depositati  dal Comune nei due processi di fronte al Tar e al Consiglio di Stato: “Il Ministro non può revocare, riformare o avocare a se o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti
Infatti non c’è stato nessun atto del Ministro, la sospensione del giugno 2013 è arrivata con atti della Direzione Regionale e della Soprintendenza.


Affermano gli atti depositati dal Comune: “ Sussistono i vizi rubricati poiché la Direzione Regionale :
- Ha disapplicato l’atto soprintendentizio di autorizzazione del 6/11/2012 e ne ha disconosciuto e sospeso gli effetti pur essendo  a tal fine incompetente
- Ha ignorato la decisiva circostanza che nell’autorizzazione del 6/11/2012 la Soprintendenza aveva escluso ogni valore artistico e storico ai vegetali arborei

Sul primo interlinea: La Direzione invita a non procedere ai lavori in quanto in carenza  della procedura di verifica dell’interesse culturale; invito poi recepito con atto di sospensione da parte della Soprintendenza. La Direzione Regionale ha esercitato quanto  previsto dalla lettera a) comma 3 articolo 17 del Regolamento di Organizzazione del Ministero cioè i poteri di direzione, indirizzo,coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed  urgenza, avocazione e sostituzione, verso le Soprintendenze.  

Sul secondo interlinea: la autorizzazione del novembre 2012 non cita il filare proprio perché depistata dalla relazione della dott.sa Ratti  e soprattutto dalla mancata procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza non avviata dal Comune nonostante la richiesta contenuta nella autorizzazione del novembre 2012.



I RITARDI NELLE REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
Peraltro la eventuale causa del Comune contro l’ex Ministro non ha fondamento neppure sotto il profilo della dinamica del percorso amministrativo del progetto.
Infatti due sono stati gli errori amministrativi che hanno costituito, a prescindere dalle questioni di legittimità, i presupposti per l’allungamento dei tempi di realizzazione del progetto:
1. la mancata effettuazione della verifica dell’interesse culturale come aveva richiesto in tempi non sospetti (novembre 2012 quindi molto prima dell’intervento del Ministero del giugno 2013) la stessa Soprintendenza (vedi QUI);
2. la mancata effettuazione della verifica dell’interesse archeologico della Piazza anche questa richiesta in tempi non sospetti (2012) da parte della competente Soprintendenza (vedi QUI).



CONCLUSIONI
In conclusione il fatto che gli atti della Soprintendenza siano stati dichiarati illegittimi non inficia minimamente il potere di vigilanza esercitato dal Ministero ne tanto meno il diritto di agire che avevano Direzione Regionale e Soprintendenza nel quadro delle conoscenze e della procedura al momento della sospensione del cantiere nel giugno 2013. 

Non è vero quanto continuano ad affermare i “signori” dell’Amministrazione Comunale spezzina che, secondo la sentenza del Consiglio di Stato : “la Soprintendenza non poteva arbitrariamente cambiare idea solo perché il ministro si era pronunciato contro il progetto via twitter.”

Non sono questi i veri motivi che hanno portato il Consiglio di Stato a pronunciarsi a favore del Comune. I motivi invece sono questi due che riporto sinteticamente:
1. la Soprintendenza non poteva sospendere il cantiere perché questo non è previsto dalla legge in caso di mancanza della verifica di interesse culturale ma solo per mancanza della autorizzazione ai lavori o per mancato rispetto delle prescrizioni
2. il filare non costituisce parte integrante della definizione storico culturale della piazza in quanto intervenuto in epoca successiva.


Sulla contraddittorietà di questa tesi del Consiglio di Stato ho scrittoQUI,  ma ovviamente conta quello che ha deciso il Consiglio di Stato il cui giudicato io rispetto nelle sue conseguenze giuridico amministrative anche se costituisce mio diritto costituzionale criticarne le motivazioni.

Ma questo è altra cosa rispetto ad una eventuale causa di risarcimento danni conto l’ex Ministro.

Resta in tutta questa vicenda la consapevolezza che leggendo articoli di quotidiani, dichiarazioni di politici e di amministratori e tecnici, ma anche tutto sommato quelle di molti critici al progetto Buren Vannetti, in nessuno si manifesta la volontà di cogliere  il vero nodo politico  della vicenda di Piazza Verdi: il modo in cui si discutono prima e si decidono poi le scelte rilevanti per la città (vedi  QUI). 


  

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