sabato 28 marzo 2015

L’accesso alle informazioni ambientali: i principi e le violazioni

Recentemente, vedi QUIper un caso di diniego di accesso a informazioni ambientali da parte del Comune di Sarzana, avevo spiegato che l’accesso alle informazioni (quindi non solo agli atti in quanto tali) ambientali  è disciplinato da una normativa speciale che lo limita solo in casi molto particolari.   Invece, nel nostro territorio, amministratori comunali e dirigenti burocrati dei vari enti pubblici, quasi sempre continuano a negare informazioni e atti a rilevanza ambientale utilizzando le norme dell’accesso in generale quello per capirci che ogni cittadino può attivare per tutelare propri interessi privati.


La disciplina dell’accesso alle informazioni ambientali (peraltro di derivazione comunitaria) prevede espressamente che non occorra dimostrare un interesse legittimo o un diritto soggettivo particolare da tutelare per poter accedere a tali informazioni.
Gli unici limiti ex lege all’accesso alle informazioni ambientali sono:
1.devono trattarsi di informazioni comunque inerenti all’ambiente
2.la richiesta deve far riferimento alla matrice ambientale (aria, acqua, suolo, biodiversità etc.) che può essere interessata dalla informazione
3. l’esistenza di particolari diritti di riservatezza da specificare da parte della Autorità in possesso della informazione ambientale
4. se la informazione non è in possesso della Amministrazione a cui è richiesta questa deve indicare chi ne è in possesso e non può limitarsi a rigettare la richiesta
5. se la informazione di cui si chiede l’accesso non ancora completata l’Amministrazione deve dichiararlo esplicitamente e  precisare i tempi di completamento.

Fuori da questi casi non sono ammissibili interpretazioni da parte della Amministrazione in possesso delle informazioni ambientali per decidere discrezionalmente se concedere o meno l'accesso ai richiedenti. Si veda TAR Calabria 9/12/2014 n.793: "Detta disciplina speciale della libertà d'accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale, eliminando di fatto ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente.
2.1 Così precisati gli estremi ed il contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, risulta agevole concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l'accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità.”.



Ora il Consiglio di Stato con una sentenza esemplare chiarisce e ribadisce questa visione ampia dell’accesso alle informazioni ambientali, sbugiardando per l’ennesima volta i nostri amministratori sempre pronti  ad aggirare le leggi quando è di loro convenienza ma poi altrettanto lesti nell’interpretarle capziosamente a loro uso e consumo.

Ma cosa afferma la nuova sentenza del Consiglio di Stato n. 2557/2014?
In linea generale si deve ricordare che, come è noto, la disciplina dell’accesso in materia ambientale è specificamente contenuta nel D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195, che prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell’informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva (ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all’accesso in materia ambientale) e sia per quello che riguarda il profilo oggettivo (prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg. della L. n.241).”

Ma non è finita qui perché il TAR Marche è recentemente intervenuto anche sul contenuto della definizione di informazione ambientale con particolare riferimento agli atti edilizi. Infatti spesso accade che di fronte alla richiesta di accesso ad un atto edilizio finalizzata anche a verificare eventuali impatti ambientali della realizzazione autorizzata, gli uffici dei Comuni rispondano che trattasi di atti non accedibili se non dimostrando un particolare interesse legittimo o diritto soggettivo (ad esempio  risiedere o avere una attività nelle dirette vicinanze dell’area interessata dall’atto da accedere). 
Il Tar Marche con sentenza 923/2014 ha ribadito con estrema chiarezza che: “l’art. 20, comma 6, del T.U. in materia edilizia  n. 380/2001, nella parte in cui stabilisce che dell’avvenuto rilascio di un titolo edilizio va dato avviso all’albo pretorio. Tale disposizione non può che essere interpretata nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo “diffuso” sull’attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire (vedasi anche l’art. 27, comma 3, del DPR n. 380/2001).
  
Due esempi concreti di principi che ogni cittadino deve utilizzare quando si dovesse trovare di fronte ad un funzionario pubblico che negasse l’accesso ad una informazione a rilevanza ambientale diretta o indiretta.



ACCESSO CIVICO  
Peraltro ormai dopo l’entrata in vigore della normativa sulla trasparenza e quindi l’introduzione dell’istituto dell’Accesso Civico praticamente tutte le informazioni ambientali in possesso di una Amministrazione Pubblica (comprese i soggetti che gestiscono un servizio pubblico: rifiuti, servizio idrico etc.) devono  essere pubblicate sui loro siti senza attendere particolari richieste dei cittadini.  Ma come ho dimostrato in questi post su questo nel nostro territorio siamo ancora lontani dal rispetto di detta normativa.

Per le informazioni ambientali che devono essere pubblicate vedi QUI

Sulla non applicazione della disciplina sull’accesso civico nella nostra provincia vedi QUI e QUI

Sulle sanzioni attivabili contro amministratori e funzionari che non rispettano la normativa sull’accesso civico vedi QUI e QUI











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