mercoledì 25 febbraio 2015

Piazza Verdi: Bray nessun eccesso di potere, solo esercizio di vigilanza!

Il Secolo XIX di oggi pubblica un paginone sulla vicenda di Piazza Verdi.

Nella parte finale di uno degli articoli del paginone si traggono però conclusioni giuridiche che non corrispondono neppure al testo della sentenza del Consiglio di Stato. Mi riferisco alla natura e agli effetti legali del tweet del Ministro Bray che avrebbe "convinto" la Soprintendenza a fare marcia indietro e a sospendere il cantiere.

In realtà sotto il profilo giurisprudenziale (questo il Secolo XIX curiosamente non lo scrive) il Consiglio di Stato ha respinto l'appello incidentale del Comune che chiedeva la riforma della sentenza del TAR Liguria nella parte in cui non aveva annullato il "famoso"  tweet. 

Non solo,  

ma il Consiglio di Stato nella parte finale della sentenza (non citata curiosamente dall’articolo del Secolo, forse non hanno avuto sufficiente spazio) afferma: “il Collegio osserva che gli atti dell’autorità politica, limitati all’indirizzo, controllo e nomina ai sensi del decreto legislativo n.165 del 2001, debbono pur sempre concretarsi nella dovuta forma tipica dell’attività della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 24 settembre 2003, n.5444, Cassazione civile, sezione II, 30 maggio 2002, n.7913; III, 12 febbraio 2002, n.1970), anche, e a maggior ragione, nell’attuale epoca di comunicazioni di massa, messaggi, cinguettii, seguiti ed altro, dovuti alle nuove tecnologie e alle nuove e dilaganti modalità di comunicare l’attività politica.

Quindi il Consiglio di Stato sostanzialmente dice che per avere valore giuridico amministrativo il “tweet” deve tradursi in un atto amministrativo. È proprio quello che è avvenuto da parte della Direzione Regionale e della Soprintendenza. 

Quindi dove sta il problema?

In realtà se come poi è avvenuto, sotto il profilo giuridico, le decisioni della Soprintendenza sono risultate illegittime per TAR e Consiglio di Stato, l’azione del Ministero non è stata oggetto di alcun annullamento diretto. Questo perché non c’era alcun motivo per farlo, essendo il concetto di “spia da eccesso di potere”, riferito al tweet di Bray,  rimasto allo stato della semplice descrizione nelle motivazioni del Consiglio di Stato.

In realtà su questo punto voglio svolgere un ragionamento più articolato sotto il profilo giuridico amministrativo.  Per una ragione molto semplice. Ci lamentiamo sempre che il livello politico non esercita la sua funzione di vigilanza sugli atti degli organi burocratici che dirige, vigilanza riconosciuta dalla legge soprattutto ad un Ministro.
Bene in questo caso Bray lo ha fatto, che poi i successivi atti siano stati dichiarati illegittimi è un altro discorso, ma resta il fatto che il Ministro ha esercitato un suo potere ex lege come preciso di seguito.

ll Ministro ha sui Beni Culturali un potere di vigilanza generale di cui all’articolo 18 del Codice. Questo potere il Ministero ha esercitato segnalando la potenziale lacuna istruttoria  e chiedendo che Direzione Regionale per i  Beni Culturali e Soprintendenza verificassero la fondatezza di tale lacuna.  La potenziale lacuna istruttoria derivava dal mancato svolgimento della procedura di verifica dell'interesse culturale della piazza nel suo insieme (pertinenze arboree comprese), procedura che era stata ordinata come "necessaria" dalla autorizzazione rilasciata nel novembre 2012.
Quindi non può esserci stato nessun atto del Ministero semplicemente perché  gli atti di amministrazione attiva spettano ai suddetti organi periferici del Ministero attivati da quest’ultimo proprio esercitando i suoi potere generali di vigilanza.

Affermano gli atti depositati  dal Comune nei due processi di fronte al Tar e al Consiglio di Stato: “Il Ministro non può revocare, riformare o avocare a se o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti
Infatti non c’è stato nessun atto del Ministro, la sospensione del giugno 2013 è arrivata con atti della Direzione Regionale e della Soprintendenza.


Affermano gli atti depositati dal Comune: “ Sussistono i vizi rubricati poiché la Direzione Regionale :
- Ha disapplicato l’atto soprintendentizio di autorizzazione del 6/11/2012 e ne ha disconosciuto e sospeso gli effetti pur essendo  a tal fine incompetente
- Ha ignorato la decisiva circostanza che nell’autorizzazione del 6/11/2012 la Soprintendenza aveva escluso ogni valore artistico e storico ai vegetali arborei

Sul primo interlinea: La Direzione invita a non procedere ai lavori in quanto in carenza  della procedura di verifica dell’interesse culturale; invito poi recepito con atto di sospensione da parte della Soprintendenza. La Direzione Regionale ha esercitato quanto  previsto dalla lettera a) comma 3 articolo 17 del Regolamento di Organizzazione del Ministero cioè i poteri di direzione, indirizzo,coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed  urgenza, avocazione e sostituzione, verso le Soprintendenze.  

Sul secondo interlinea: la autorizzazione del novembre 2012 non cita il filare proprio perché depistata dalla relazione della dott.sa Ratti  e soprattutto dalla mancata procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza non avviata dal Comune nonostante la richiesta contenuta nella autorizzazione del novembre 2012.



CONCLUSIONI
Quindi il fatto che gli atti della Soprintendenza siano stati dichiarati illegittimi non inficia minimamente il potere di vigilanza esercitato dal Ministero ne tanto meno il diritto di agire che avevano Direzione Regionale e Soprintendenza nel quadro delle conoscenze e della procedura al momento della sospensione del cantiere nel giugno 2013. 

Non è vero quanto affermato nell’articolo del Secolo che, secondo la sentenza del Consiglio di Stato : “la Soprintendenza non poteva arbitrariamente cambiare idea solo perché il ministro si era pronunciato contro il progetto via twitter.”

Non sono questi i veri motivi che hanno portato il Consiglio di Stato a pronunciarsi a favore del Comune. I motivi invece sono questi due che riporto sinteticamente:
1. la Soprintendenza non poteva sospendere il cantiere perché questo non è previsto dalla legge in caso di mancanza della verifica di interesse culturale ma solo per mancanza della autorizzazione ai lavori o per mancato rispetto delle prescrizioni
2. il filare non costituisce parte integrante della definizione storico culturale della piazza in quanto intervenuto in epoca successiva.


Sulla contraddittorietà di questa tesi del Consiglio di Stato ho scritto QUI,  ma ovviamente conta quello che ha deciso il Consiglio di Stato il cui giudicato io rispetto nelle sue conseguenze giuridico amministrative anche se costituisce mio diritto costituzionale criticarne le motivazioni.

Ma questo è altra cosa rispetto a quanto riportato nell’articolo del Secolo XIX.

Tutto quanto sopra per una lettura corretta dei fatti, degli atti e della sentenza del Consiglio di Stato.  

Resta in tutta questa vicenda la consapevolezza che leggendo articoli di quotidiani, dichiarazioni di politici e di amministratori e tecnici, ma anche tutto sommato quelle di molti critici al progetto Buren Vannetti, in nessuno si manifesta la volontà di cogliere  il vero nodo politico  della vicenda di Piazza Verdi: il modo in cui si discutono prima e si decidono poi le scelte rilevanti per la città (vedi  QUI). 

Ma figuriamoci se su questo tema si farà mai non dico un paginone ma una riflessione pubblica almeno nelle sedi istituzionali!














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