venerdì 18 luglio 2014

Tar Lazio annulla decreto che declassifica i siti di bonifica nazionali

Il TAR del Lazio (vedi QUI)  ha annullato il Decreto del Ministero dell’Ambiente 11 gennaio del 2013 con il quale sono stati declassificati da nazionali a regionali numerosi siti di bonifica, tra questi come è noto anche quello di Pitelli.

Il TAR ha annullato il suddetto Decreto sulla base del ricorso della Regione Lazio "in riferimento a quanto in esso disposto per il sito del Bacino del Fiume Sacco" cioè uno dei siti declassificati dal Decreto.

Ma è chiaro che le motivazioni che hanno portato il TAR Lazio ad annullare il Decreto valgono indirettamente anche per gli altri siti compreso quello di Pitelli oggetto anche questo ultimo di due ricorsi pendenti uno al Tar Liguria (della associazione VAS) e l’altro al TAR Lazio (della associazione Legambiente).


In vari miei post prima ancora che il decreto venisse pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ho affermato la sua illegittimità  vedi ad esempio  QUI



L’INTERPRETAZIONE DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE
Il Decreto del Ministero dell’Ambiente, ora annullato,  si fondava su due presupposti
1. per definire i siti inquinati da considerare di rilevanza nazionale occorre tenere in considerazione anche il nuovo criterio introdotto dalla legge 134/2012 : presenza di raffinerie, impianti chimici integrati e  acciaierie, attività di produzione/estrazione amianto
2. per essere classificato come nazionale il sito deve rispettare tutti i parametri del comma 2 dell’articolo 252 del DLgs 152/2006 (TU ambientale) quindi anche e soprattutto quello nuovo riportato al punto 1 di cui sopra.



LA MIA INTERPRETAZIONE
Di contro a questa interpretazione io ho sempre affermato che il nuovo criterio (raffinerie etc.) si andava ad aggiungere agli altri criteri e non li abrogava ne direttamente ne indirettamente.
Aggiungevo quindi che anche dopo la riforma della  legge 134/2012 il dettato del comma 2 articolo 252  (DLgs 152/2006 che disciplina le condizioni per dichiarare i siti di interesse nazionale) restava chiarissimo: non occorrono tutti i parametri contemporaneamente per definire come nazionale un sito di bonifica ma ne bastano anche solo alcuni.
In realtà la ratio di tutto l'articolo 252  è nel comma 1 che recita: " I siti di interesse nazionale,  ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti , al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario e ecologico nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali ".  
I parametri, quindi,  sono solo dei criteri specificativi di questa ratio (del comma 1 articolo 252 sopra riportato) ma è chiaro che quello che conta per definire un sito di interesse nazionale è quanto affermato proprio nel detto comma 1: 
1. le dimensioni ampie dell’inquinamento, 
2. la pericolosità degli inquinanti, 
3. il rischio sanitario, 
4. il pregiudizio di aree con vincoli paesaggistici. 

Aggiungevo che non erano assolutamente fondate le tesi del Sindaco Federici secondo le quali il trasferimento dei siti di bonifica nazionali alle Regioni avrebbe semplificato le procedure di bonifica degli stessi. Anzi sostenevo e sostengo che in questo modo avremmo perso i finanziamenti nazionali per la bonifica (peraltro già falcidiati dalle varie finanziarie di questi anni) caricando esclusivamente sulle scarne finanze regionali un costo non sopportabile.



LA SENTENZA DEL TAR LAZIO
La sentenza del TAR Lazio accoglie pienamente le mie tesi sopra riportate infatti afferma:

il regime straordinario di cui all’art. 252 del Codice dell’Ambiente offre garanzie di interventi, rapidità e snellezza di procedure, notevolmente maggiori rispetto a quelle del regime ordinario di cui all’art. 242. Non può negarsi dunque la legittimazione e l’interesse della Regione ad insorgere per pretendere il rispetto delle competenze di legge, sia per finalità di miglior tutela dei valori ambientali (in conformità a quanto sancito dal legislatore statale), sia per evitare che oneri procedimentali e finanziari vengano addossati indebitamente all’Ente Regione con riferimento a valori che trascendono la limitata sfera degli interessi locali.”

La novella del 2012, con l’introduzione del requisito di cui al comma 2 bis, ha aggiunto un ulteriore parametro lasciando peraltro inalterati quelli preesistenti. Si tratta, in altre parole, di criteri che variamente combinati devono (o possono) portare l’Amministrazione a riconoscere quella grave situazione di compromissione e di rischio ambientali tale da implicare (a prescindere dalle cause che l’hanno determinata) il superiore interesse nazionale;……”

I principi e i criteri direttivi enunciati all'art. 252, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, concorrono alla individuazione dei SIN ma non vanno considerati quali requisiti che ogni sito deve possedere contemporaneamente. E questo in conformità sia allo spirito della normativa che alla concreta attuazione che negli anni ne è stata data.”

“…..E d’altra parte è anche condivisibile in proposito l’assunto per cui, se veramente fosse necessaria, per l’individuazione (o il mantenimento) di un SIN, la necessaria compresenza di tutti i requisiti di cui al comma 2 dell’art. 252 del Codice dell’Ambiente, non si spiegherebbe (se non alla stregua di una patente e reiterata illegittimità) l’inclusione nel novero dei SIN stessi di molteplici siti insistenti nel territorio di una sola Regione e quindi in contrasto con quanto richiesto dall’art. 252, comma 2, lettera f)[1], del D.Lgs. n. 152/2006 medesimo.


Non mi pare necessario commentare ulteriormente….a questo punto mi sembra ovvio che tutta la questione della declassificazione dei siti di bonifica di interesse nazionale andrà radicalmente rivista compreso quello di Pitelli!




[1]f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più Regioni.”








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