lunedì 18 novembre 2013

Piazza Verdi: il Comune ha perso!

Il Sindaco Federici e i suoi collaboratori potranno tentare di rigirare la frittata e giocare con la parzialità delle revoche,  ma stavolta hanno perso. Non sto facendo una affermazione da “bullo”, leggete questo mio post, soprattutto le conclusioni, e poi mi direte se non ho ragione…… buona lettura!


Premessa
Le note che seguono sono così organizzate: alle tesi del Comune e dei suoi sostenitori in corsivo seguono subito dopo le risposte  dagli atti della Direzione Regionale per i Beni Culturali, della Soprintendenza per i Beni Architettonici, e della prevalente giurisprudenza e dottrina in materia.  


Loro sostenevano che Piazza  Verdi è  una piazza cittadina da molto tempo insquallidita.
La Soprintendenza ha chiarito  l’esito degli interventi degli anni 30 ha prodotto una piazza che si connota (quindi ad oggi) per una impronta stilistica precisa di cui tutt’ora si conservano, oltre agli intatti valori spaziali, due importanti componenti: il Palazzo delle Poste, recentemente restaurato, ed il filare alberato di pini.


Loro sostenevano che la procedura di verifica non era necessaria.
Si è dimostrato che la procedura autorizzatoria  aveva rilevanti lacune tanto da produrre un vizio di merito e quindi la predisposizione d’ufficio della procedura di verifica dell'interesse culturale da parte della Soprintendenza. 


Loro sostenevano che i pini non erano vincolati
Direzione Regionale e Sovrintendenza hanno dimostrato il contrario.


Loro sostenevano che i pini attualmente esistenti non sono quelli originali.
La Soprintendenza ha chiarito che trattandosi di esemplari di dimensioni omogenee, dall’epoca di piantumazione  ad oggi raffigurati in una ricca documentazione fotografica, non si ha ragione di ritenere che possa non trattarsi degli esemplari risalenti all’originario filare.


Loro sostenevano che i pini costituiscono specie non rare e quindi di scarso valore e comunque in gran parte malate e quindi morirebbero comunque
La Soprintendenza ha precisato che la natura delle essenze arboree non appare rilevante in alcun modo alla luce degli approfondimenti condotti sulla storia e il significato urbanistico ed architettonico della piazza. Inoltre, al Soprintendenza ha aggiunto che il valore della alberata non verrebbe in alcun modo depauperato dalla eventuale sostituzione di esemplari, qualora se ne acclarasse la stretta necessità connessa ad esigenze di sicurezza per la incolumità pubblica, trattandosi nello specifico  di una componente storica la cui manutenzione può anche prevedere dove necessario puntuali sostituzioni e reimpianti.    


Loro sostenevano che il "vincolo monumentale è tutto teorico e la datazione dei pini pure.  
Con il Decreto del Direttore Regionale il vincolo è definitivo ai sensi del Codice dei Beni Culturali e riguarda pure il filare dei pini e la datazione dei pini è altrettanto certa (1937 e relativa quietanza di pagamento del 1939) come risulta da atti ufficiali delle istituzioni dell’epoca.


Loro affermavano che i documenti prodotti nella istruttoria per la verifica dello interesse culturale non erano validi perché non provenienti dalle istituzioni.
Il TAR Liguria nel 2010 e tutta la prevalente dottrina in materia di disciplina dei Beni Culturali,  ha sempre rilevato che non conta la provenienza ma il contenuto dell’atto e che non ci sono limitazioni circa gli elementi da cui desumere la sussistenza dell’interesse


Loro affermavano che il progetto era assolutamente coerente con il codice dei beni culturali, che la questione della datazione dei pini era una scusa e che la procedura di verifica si sarebbe chiusa con un via libera definitivo al progetto.
La Soprintendenza ha affermato il contrario chiedendo la revisione del progetto e quindi una nuova procedura autorizzatoria.


Loro sostenevano che i pini erano stati aggiunti come spesa di fine anno
La Direzione regionale ha precisato che la scelta delle essenze, fatte appositamente arrivare a La Spezia da un vivaio di Cecina, non appare casuale, ma parte di un esteso piano urbano teso ad incrementare il verde secondo precisi indirizzi, oggetto, nel caso di Piazza Verdi, di pronunciamento della Commissione Edilizia Comunale il 17 dicembre 1937.


Loro sostenevano che l'inserimento successivo delle alberature centrali, in luogo di un semplice ed esile marciapiede, ha determinato un incomprensibile e radicale mutamento dell'originario contesto architettonico; con quel maldestro intervento sono state cancellate le prospettive lungo la direttrice via Chiodo-via Veneto, che oggi verrebbero ripristinate con una forte caratterizzazione moderna.
La Soprintendenza ha affermato a conclusione della procedura di verifica che la realizzazione dell’ampio marciapiede centrale, arricchito dapprima dai lampioni della illuminazione elettrica, poi dai pini, costituisce parte integrante della nuova concezione della piazza, intesa non più come una mera dilatazione di via Chiodo, come un cannocchiale visivo verso l’Arsenale, ma come effettiva cerniera della espansione urbana dominata dal Palazzo delle Poste.


Loro sostenevano che  non potevano conoscere i documenti che hanno portato alla nuova dichiarazione di interesse culturale della Piazza e quindi alla revisione del progetto in esame.
Come confermato dalla legge vigente e dalla procedura di verifica disposta di ufficio dalla Soprintendenza spettava e spetta al Comune conservare archivi completi dei beni soggetti al vincolo ex Codice dei Beni Culturali di sua proprietà. Non a caso la Soprintendenza nella nota di avvio di ufficio della procedura di verifica dell’interesse culturale ha sostenuto la “inaffidabilità del Comune di Spezia” in relazione all’avvio di questa procedura.  


Loro sostengono che il progetto non può essere modificato pena la perdita dei finanziamenti europei.
La Corte di Giustizia, a conferma di un indirizzo che  gli oppositori al progetto avevano rilevato da tempo,  lo scorso 14 novembre  ha ulteriormente sancito che le modifiche come quelle previste per il progetto di Piazza Verdi non rientrano nel concetto di modifica che porta alla restituzione dei fondi (come prevista dal regolamento quadro sui Fondi UE). Quindi se continuerà a coltivare il ricorso il Comune si assumerà la responsabilità di allungare i tempi per il nuovo progetto rischiando, in questo caso si, di perdere i finanziamenti europei.


Ora proveranno a dire che ci sarà il TAR, che comunque se la revoca è parziale andranno avanti ai lati…. Ci proveranno ma il progetto Buren Vannetti così come venne selezionato è morto e dovrà essere presentato un nuovo progetto.   
Per farlo rivivere nella sua completezza dovrebbero dimostrare che i documenti ufficiali che hanno portato alla dichiarazione di interesse culturale sulla intera piazza sono falsi.  Questo è impossibile ovviamente.  Potranno dire che sono stati interpretati male? Forse, ma sarà tutto da dimostrare.    

Ma comunque queste sono e saranno sottigliezze giuridiche in realtà loro hanno perso  perché sulla ricostruzione storica di Piazza Verdi hanno dimostrato di fronte a tutta la città che non sapevano di cosa parlavano e scrivevano,  e questo lo hanno fatto in atti ufficiali aventi valore di legge (bandi, relazioni, pareri ufficiali).
Soprattutto pur avendo avuto quasi 5 anni di tempo ( dal 2008, anno di approvazione della prima ipotesi progettuale su Piazza Verdi, ad oggi) non hanno saputo trovare atti ufficiali, documenti fotografici, articoli di giornali d’epoca che erano negli archivi pubblici che loro avevano ed hanno l’obbligo di conservare e gestire.
Tutto quanto sopra è agli atti ed è pubblico e non sarà nessuna cavillosa ( e allo stato molto eventuale)  sentenza del TAR che potrà cancellare questa brutta figura del Sindaco Federici e dei suoi uffici competenti alla istruttoria del progetto su Piazza Verdi.


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