giovedì 13 dicembre 2012

Decreto Ilva: un modello generalizzabile contro la salute e le norme ambientali e costituzionali.

È  stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica il testo del Decreto Legge  convertito nella Legge 231/2012 (vedi  QUI)  che partendo dalla vicenda dell’Ilva di Taranto tende a produrre un modello di gestione speciale dell’AIA a tutte le infrastrutture definite strategiche dal Governo.
Vediamo di cosa si tratta,  e vediamo perchè nel futuro la questione potrebbe riguardare anche Spezia e altre realtà locali con presenza di impianti fortemente inquinanti o con situazione sanitarie e ambientali complessive fortemente critiche.........


UN MODELLO DI AIA SPECIALE PER LE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE
Il modello di gestione del rilascio e dell’applicazione di AIA espresso da questo decreto legge pur partendo dal caso specifico dell’ILVA, in realtà risulta applicabile a tutte le infrastrutture dichiarate strategiche con apposito Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri. L’ulteriore condizione per applicare il modello di seguito descritto è che nell’azienda/attività interessata siano occupati un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno, qualora vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione.


Balza già immediatamente agli occhi la contraddizione tra le finalità della disciplina dell’AIA e le condizioni dettate dal decreto che con le suddette finalità non hanno nulla a che fare prestandosi ad una discrezionalità assolutamente discutibile da parte del Governo nell'aggirare, come vedremo le parti più innovative della suddetta disciplina nonchè degli eventuali provvedimenti della magistratura contro le violazioni di legge e a tutela di salute e ambiente.



FINALITÀ DELL’AIA SECONDO LA VIGENTE NORMATIVA NAZIONALE E COMUNITARIA
L'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII (al DLgs 152/2006: categorie di attività industriali soggette ad AIA) e prevede misure intese a:
1. evitare, ove  possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti,
2. conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente (lettera c comma 4 articolo 4 DLgs 152/2006).
A tal fine il provvedimento di AIA ( ex lettera o-bis comma 1 articolo 5 DLgs 152/2006) che autorizzerà l’esercizio dell’impianto dovrà fissare determinate condizioni che  devono  garantire  che  l'impianto  sia  conforme  ai requisiti di cui al titolo III  bis  dello stesso DLgs 152/2006  ai  fini dell'individuazione delle  soluzioni  più  idonee  al  perseguimento degli  obiettivi sopra definiti.



LE RAGIONI DELLA NASCITA DEL DECRETO LEGGE IN ESAME
Occorre intanto premettere che il caso da cui nasce il decreto legge, il sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto, non riguarda la ponderazione degli interessi (economia v/s ambiente e salute) ma  una sistematica violazione di norme europee in materia di emissioni aereiformi e gestioni rifiuti, violazione commessa in primo luogo dai gestori dell’impianto in questione, ma che, secondo gli organi giudiziari potrebbe aver coinvolto anche gli enti preposti al rilascio di autorizzazioni e/o all’esercizio dei controlli in materia di tutela dell’ambiente e della salute. A conferma di ciò c’è stato l’annullamento della precedente AIA (rilasciata appena 1 anno fa: 2011)  ed il rilascio di una nuova AIA che ad avviso della magistratura tarantina non è sufficiente a garantire il superamento del rischio sanitario in atto in quella zona a prescindere dal rispetto dei confusi e troppo blandi limiti di legge, agli inquinanti, fino ad ora in vigore.



IL RAPPORTO DEL DECRETO LEGGE CON L’ARTICOLO 41 DELLA COSTITUZIONE
Il decreto legge in esame cita nelle premesse, a fondamento costituzionale del modello speciale di gestione dell’AIA per gli impianti definiti strategici,  l’articolo 41 della Costituzione secondo il quale “l’iniziativa economica privata e libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. 
Ma anche se volessimo restare nel campo del principio di proporzionalità, affermato sia dal diritto comunitario  (vedi Protocollo allegato al TCE relativo ai principi di sussidiarietà e proporzionalità) che dalla nostra Costituzione (secondo comma articolo 41) , in questo caso rileva la non superata sentenza della Corte Costituzionale n. 127 del 1990 che costituisce, in chiave del bene costituzionale ambiente, la interpretazione di detto principio di utilità sociale della proprietà privata, coniugazione italiana del principio di proporzionalità.  
La Corte riferendosi alla tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive , ex art. 32 Cost, utilizza la primarietà come supporto per individuare un limite invalicabile alla considerazione dei costi economici nell’applicazione della migliore tecnologia disponibile disinquinante. La logica del giudice costituzionale sembra quella di un’estrema difesa a garanzia del carattere primario dell’ambiente, dal quale si può ricavare che, in determinati casi, la fattibilità  economica delle misure di tutela può perdere gran parte della sua rilevanza nelle operazioni di bilanciamento. Per un’ipotesi limite, si può pensare alle situazioni in cui ricorra un rischio molto elevato e non sia conosciuta alcuna tecnologia in grado di contenerlo a livelli accettabili; in questi casi la primarietà del valore ambiente sembrerebbe imporre un dovere di astensione dall’attività rischiosa, qualunque sia il costo economico sociale che ne possa derivare.
In altri termini la Corte Costituzionale ha voluto affermare che il bilanciamento degli interessi non è rimesso alla totale discrezionalità della Pubblica Amministrazione (in questo caso il Governo nazionale), infatti: “non qualsiasi bilanciamento effettuato  dal legislatore ordinario  è quindi ammissibile: vi sono limiti insuperabili. Solo al di qua di tali limiti  si potranno articolare  le valutazioni circa il rapporto tra esigenze dello sviluppo e le esigenze della tutela dell’ambiente” (S. Grassi  “Problemi di diritto costituzionale dell’ambiente” ed. Giuffrè 2012 pag. 62).  A conferma, di un indirizzo costante nel tempo anche della dottrina si veda  M. Cecchetti (Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente Giuffrè 2000 pag. 213 – 214) : “...nelle operazioni di bilanciamento tra interessi egualmente tutelati  ciò che è essenziale non è la prevalenza  ad uno di tali interessi; ...... in questa ottica si può comprendere come il limite ultimo della tollerabilità per la salute umana non esprima un valore gerarchicamente  sovraordinato ma, piuttosto, il contenuto minimo dell’interesse alla tutela della salute e della integrità fisica dell’uomo, intrinsecamente non bilanciabile solo perché in tal modo si finirebbe, di fatto, per rinunciare del tutto alla tutela di quel valore “.  

E’ indiscutibile, come risulta dai dati ufficiali espressi anche all’interno delle cause penali in corso, che all’Ilva di Taranto esista quel rischio  sottolineato dalla Corte Costituzionale per dimostrare il possibile superamento di quel “limite invalicabile” che non può giustificare il permanere di una attività rischiosa.
E’ altrettanto indiscutibile che i parametri generali economici (200 occupati, rischi generici di disoccupazione) individuati da questo decreto legge per giustificare il modello speciale di autorizzazione integrata ambientale per gli impianti c.d. strategici, costituisca un a-priori inaccettabile secondo il principio di proporzionalità come individuato dal diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte Costituzionale.  



LE PARTI DELLA NORMATIVA SULL’AIA CHE COSTITUISCONO ATTUAZIONE DEI PRINCIPI DI TUTELA AMBIENTALE  DESCRITTI NEL PARAGRAFO PRECEDENTE
La disciplina dell’AIA costituisce ulteriore attuazione/specificazione del principio di proporzionalità come esplicitato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e dalla dottrina, con il supporto dei principi di derivazione comunitaria di precauzione ed integrazione. Le norme che confermano questo approccio sono in particolare quelle degli articoli 29 sexies e 29 septies (DLgs 152/2006) che affermano una nuova filosofia della autorizzazione degli impianti soggetti ad AIA (per i diversi fattori ambientali: acqua, aria, suolo),  si fa riferimento alla possibilità di:
1. imporre limiti di emissione al di sotto di quelli di legge (comma 3 articolo 29sexies e 271 comma 16 DLgs 152/2006)
2. impone migliori tecnologie disinquinanti che tengano conto delle specificità ambientale e sanitarie del sito a prescindere quindi dai costi economici (articolo 29 septies DLgs 152/2006)
3. obbliga a considerare gli impatti cumulativi (passati, presenti, futuri) con le fonti di emissioni diverse da quelle dell’impianto da autorizzare (comma 5 articolo 251 DLgs 152/2006)
4. leggere in modo integrato ai punti precedenti il Parere Sanitario del Sindaco nella sua qualifica di Ufficiale di Governo, che costituisce una valutazione di impatto sanitario sulla compatibilità del modello gestionale dell'impianto contenuto nella domanda di AIA (comma 7 articolo 29 quater DLgs 152/2006)



IL CONTRASTO DEL DECRETO LEGGE CON LA DISCIPLINA INNOVATIVA DEL’AIA
Il Decreto Legge in esame all’articolo 1 congela l’autorizzazione integrata ambientale per 36 mesi dal momento del rilascio della stessa. In tal modo impedisce una corretta applicazione delle norme più innovative  esposte nel paragrafo precedente del presente commento,  che infatti non vengono fatte salve,  al contrario delle norme in materia di eventuale revisione dell’AIA nell’arco dei suddetti 36 mesi. In altri termini vengono di fatto aggirate proprio quelle norme della disciplina dell’AIA che legano il contenuto di questo atto alle specificità sanitarie ed ambientali del sito in cui è collocata l’attività inquinante. In tal modo anche nel futuro si potranno imporre, agli impianti che verranno definiti strategici delle AIA,  prescrizioni che potranno prescindere dalle specificità ambientali e sanitarie del sito, tranne che nel caso della revisione dell’AIA che però potrà essere avviata solo su iniziativa dello stesso Ministero dell’Ambiente che ha prodotto questo bel decreto legge! Infatti quasi sicuramente tutti gli impianti che verranno definiti strategici saranno di competenza, per l’AIA, del Ministero dell’Ambiente e comunque sarà il governo a decidere cosa è strategico o meno!



IL PALESE AGGIRAMENTO DEI PROVVEDIMENTI DI SEQUESTRO DELLA AUTORITÀ GIUDIZIARIA
Secondo il comma 4 articolo 1 del presente decreto legge, il modello di gestione speciale dell’AIA sopra descritto,  trova applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento. In tale caso i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell'autorizzazione, l'esercizio dell'attività d'impresa.
E’ chiaro quindi l’intento del decreto legge:  aggirare i provvedimenti di sequestro della magistratura che stabiliscono la impossibilità di continuare la produzione all’interno dell’Ilva.
Non a caso il successivo articolo 3 (che fa riferimento proprio all’Ilva) stabilisce la possibilità per questa azienda di proseguire la attività produttiva nello stabilimento e quindi la conseguente commercializzazione dei prodotti per un periodo di 36  mesi. Non solo ma l’articolo 2 lascia la gestione dell’azienda ai titolari della stessa,  possibilità che il provvedimento di sequestro aveva vietato esplicitamente.
Ora a mio avviso tutta questa parte di provvedimento rischia di ledere l’autonomia del potere giudiziario. In particolare l’affermazione sopra riportata del comma 4 articolo 1  della pretesa di considerare ipso iure modificati, per effetto dell'entrata in vigore del decreto legge, i provvedimenti di sequestro attualmente in essere, a prescindere da qualsiasi intervento dell'autorità giudiziaria, fornisce al Potere Esecutivo la possibilità di annullare qualsiasi provvedimento giurisdizionale attraverso atti di imperio e non con i tradizionali mezzi di impugnazione disciplinati dalla legge e dalla Costituzione. Ciò appare in palese contrasto con l’articolo 102 della Costituzione secondo il quale:” la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme dell’ordinamento giudiziario”, tanto più che questa norma viene estesa a tutti gli impianti che verranno definiti strategici generalizzando il modello di governo del decreto legge anche ai futuri potenziali conflitti tra magistratura e soggetti inquinatori inquisiti. Ma appare in contrasto anche con l’articolo 111 della Costituzione sulle modalità di esercizio della giurisdizione e sulle modalità di impugnazione delle sentenze penali e amministrative.



CONCLUSIONI:  UN MODELLO, GENERALIZZABILE, DI GOVERNO DEI CONFLITTI AMBIENTALI 
Relativamente ai contrasti tra potere esecutivo e giudiziario oltre a quanto scritto sopra si attendono  le motivazioni dell’eventuale ricorso da parte della magistratura tarantina di fronte alla Corte Costituzionale che potrà consistere o in un conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato o nel sollevare questione di legittimità costituzionale,  ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione.

Quello che invece si vuole qui sottolineare, è il palese contrasto, come analizzato nel presente commento, tra questo decreto legge e le norme sulla disciplina dell’AIA  nonché con i principi di diritto comunitario e costituzionale di proporzionalità e precauzione che vengono palesemente aggirati dal decreto in esame.

Non solo ma la cosa ancor più grave è che il decreto legge si presenta come un modello estendibile  per tutti quelli che in modo generico vengono definiti impianti strategici, lasciando in mano all’esecutivo la possibilità di stabilire di volta in volta quali sono gli impianti per i quali le norme sull’AIA sono parzialmente sospese e soprattutto per i quali si possa aggirare eventuali provvedimenti contrastanti della magistratura.

Infatti per restare alla Spezia nella ipotesi che la magistratura aprisse una inchiesta per violazioni di legge per la centrale enel , per il rigassificatore di Panigaglia, per impianti di gestione rifiuti esistenti o futuri, essendo tutti impianti sottoponibili ad AIA si potrebbe applicare il modello sopra descritto con le conseguenze che potrete tutti quanti immaginare.

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